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Edipo eroe vittorioso
Due primavere fa, in un giorno di buonumore (1 marzo 2008) ho lanciato un fulmine su Sigmund Freud costruttore del complesso di Edipo. Il fondatore della psicoanalisi ha sostenuto che quanto accadde miticamente al personaggio sofocleo accade fantasmaticamente ad ogni bambino: uccidere il padre e amoreggiare con la madre. Macché. Il senso iscritto nelle strutture di Edipo Tiranno, il senso che rende pienamente intelligibile il suo ordinamento drammatico e interamente decifrabile il suo testo, è la contraddizione, la contrapposizione, l’inconciliabilità tra l’amore della conoscenza e l’amore del potere.
Dice Sofocle: gli esseri umani, e in special modo gli intellettuali di professione (Edipo è un intellettuale di professione, un ‘tiranno’) vivono la contraddizione tragica tra il voler conquistare (e mantenere) il potere e il voler conquistare (e rinnovare) la conoscenza. Ma questi due voleri, questi due desideri, questi due amori sono radicalmente incompatibili e reciprocamente escludenti: la realizzazione dell’uno comporta la perdita dell’altro. Il responso oracolare che impronta tutta la vita di Edipo, minaccia la sua nascita, appende a un filo la sua infanzia, turba la sua giovinezza, compromette la sua maturità: “ amerai tua madre e ucciderai tuo padre” significa “amerai la conoscenza (la terra, la verità – ‘tua madre’) e conquisterai il potere (strappandolo a ‘tuo padre’)”.
Oggi, sempre di buonumore e sempre riflessivo sui tiranni passati presenti futuri, vorrei prendere di mira Károly Kerényi, grande studioso critico della mitologia greca, reo di aver definito conformisticamente Edipo “disgraziato” (Gli dei e gli eroi della Grecia, Garzanti). Disgraziato? Macché. Vittorioso.
Intanto non doveva nascere, ed è nato. Doveva restare nel mondo dei desideri ed è comparso. Suo padre Laio rapitore di Crisippo era condannato a non avere figli... Secondo poi non doveva vivere, ed è vissuto. Laio decide di esporlo, farlo uccidere – niente. Anche la madre ci prova, assecondando il padre, niente di niente. Sopravvissuto a padre e madre, diventa figlio amato del re e della regina di Corinto, e conduce vita principesca. Fino a che, spinto dalla diceria d’essere bastardo, interroga i genitori adottivi, i quali negano di essere adottivi, ma Edipo va sempre fino in fondo, va dall’oracolo, scopre che diventerà assassino del padre e amante della madre, evita per ciò di tornare a Corinto, devia il suo cammino, incontra nello stretto passo fatale il padre, è provocato, lo uccide, procede verso Tebe, incontra la Sfinge, risolve l’enigma, - vittoria! -, sposa la regina di Tebe – vittoria! -, comincia la nuova vita di re di Tebe, una vita regale – vittoria! – ha quattro figli – quattro vittorie! Dopo diversi anni di sua grande e bella e comoda vita ecco la peste, a Tebe. Edipo affronta la questione e vince di nuovo, scopre chi è l’assassino. Edipo “eroe della scoperta metodica che muove da un principio e segue un percorso” [Mario Vegetti]. Un intellettuale vittorioso dall’inizio alla fine.
D’accordo: diventa cieco, lascia la città di Tebe, va ramingo – ma ricordate anche la conclusione della sua vita nell’Edipo a Colono? Un’apoteosi. Diventa infatti un eroe eponimo.
(Alias, 8 maggio 2010)
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