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Per i cattolici il massimo è l’imitazione di Gesù. Impresa disperata e votata al fallimento, per eccesso o per difetto. Prendiamo ad esempio Karol Wojtila e Joseph Ratzinger.
Abbiamo ancora negli occhi l’agonia del vecchio papa, la sua prolungata, insistita, ostinata lotta tra la vita mortale e la vita eterna, da lui stesso svelata al pubblico delle televisioni di tutto il mondo. Una “via crucis” sotto il segno dell’eccesso. Il papa polacco, difatti, non si è attenuto (come Gesù) alla composta sopportazione del dolore e della sofferenza, ma ha ricercato e ostentato la loro esibizione spettacolare.
E veniamo al nuovo papa, che sta mancando la giusta misura dell’imitazione per difetto. Mostrare la corona di spine, come ha fatto Wojtila, è stato troppo, ha sfiorato l’osceno, ma pontificare con la mozzetta coronata dal cappelletto di zibellino, come fa Ratzinger, è l’inverso di troppo, sfiora il ridicolo. Si domanda: Gesù riconoscerebbe, involto in quel vestiario, un suo seguace?
Ma non è soltanto il modo di vestire del papa tedesco che difetta (riferito al modello): pensate al suo modo di parlare. Il suo linguaggio è guardingo, formale, diplomatico, politico. Dov’è finito il linguaggio immaginifico, parabolico, ispirato, profetico di Gesù? “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?” (Ger 5,21; Ez 12,2; Mc 8,18) La cultura laica è in crisi, d’accordo, cioè si sta ripensando, ma la cultura cattolica non sta tanto bene, sta invecchiando.
(Alias, 4 marzo 2006)
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