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Proprio nel giorno del Corpus Domini andiamo a vederlo questo Corpo del Signore tanto questionato. Non il corpo crocifisso in Chiesa, in massa coi fedeli e pregando a capo chino, bensì il corpo resuscitato in Palazzo, in fila coi cittadini e conversando a testa alta.
Alle feste liturgiche, ai rituali religiosi, preferiamo le feste culturali, i rituali laici. Alla venerazione, all’adorazione sacra preferiamo l’ammirazione, l’emozione estetica. Insomma ai misteri della religione preferiamo i mestieri dell’arte: anche questa riunisce e rifrange gli esseri umani ma senza alienarli come quella.
“La conversione di Saul” del Caravaggio, esposta a Palazzo Odescalchi in Roma in questi appena trascorsi giorni di giugno, è la prima versione del tema, rifiutata perché “non piacque al Padrone” (riferisce il Baglione). La ragione del dispiacere del committente? Poca fedeltà al testo sacro, al testo di Saul convertito divenuto Paolo: il quadro mostrava infatti il corpo resuscitato di Gesù.
E così fu necessaria una seconda versione della conversione: andiamo a rivederla in Santa Maria del Popolo a Roma. Notiamo come il Caravaggio, che di chinare il capo non aveva proprio voglia, compose un’opera ancora più trasgressiva, e irrisoria dei dettami controriformistici del cardinale Paleotti - con quel gran culo di cavallo in primo piano, e più bella ancora, pienamente libera com’è dalle mode manieriste - che segnavano quell’epoca come la nostra. Ogni ostacolo è per un artista una nuova possibilità.
(Alias , 28 ottobre 2006)
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