Sceneggiatura del film digitale su cinema e follia.
Sceneggiatura di ripresa per un film digitale in quarantadue scene.
'Sceneggiatura di ripresa' vuol dire che esiste anche - e sara' pubblicata in seguito - una sceneggiatura di montaggio.
1…Interno Pomeriggio. Ripresa di un foglio bianco (“fare il bianco”).
2…Interno Pomeriggio. Seduto al divano celeste in Mezzo Primo Piano. Aggiustamento di campo. Entra in campo Orlando, un uomo di trent’otto anni, guarda in macchina e di seguito, talvolta stando fermo talvolta movendosi avanti indietro a destra a sinistra (con conseguenti aggiustamenti automatici del fuoco) parla.
Oggi dodici marzo è successo un fatto insolito, e ho deciso di tenere un diario, stavolta con la videocamera.
Questa mattina mi sono alzato tardi, e quando Rua mi ha portato la camicia stirata, ho domandato che ora fosse. Saputo che erano passate da un pezzo le nove, ho iniziato in fretta a vestirmi. Confesso che non sarei andato al ministero, perché sapevo in anticipo che faccia acida avrebbe fatto il nostro caposezione. È già un pezzo che mi dice:
(voltandosi e parlando di profilo) "Che Le piglia, Orlando, che ha sempre in testa un tale guazzabuglio? Certe volte si agita come un indemoniato, imbroglia talmente le cose e le parole che nemmeno il diavolo ci capisce più nulla."
(tornando a guardare in macchina) Di certo è invidioso perché sto nell'ufficio del direttore e ordino le cartelle di Sua Eccellenza. Insomma, non sarei andato al ministero se non avessi avuto la speranza di vedere il cassiere e magari di chiedergli qualcosina d'anticipo sullo stipendio. Ecco un'altra bella creatura! Mai che dia i soldi un mese prima! Mamma mia! È più facile che arrivi il giudizio universale! Appòstati nel corridoio giusto, affàcciati in punta di piedi, rivolgiti a lui col sorrisetto, sbatti la testa al muro, mica te li dà, razza di un diavolo calvo! E poi a casa la domestica lo schiaffeggia! Tutto il mondo lo sa, questo.
Io non capisco i vantaggi di prestar servizio in un ministero. Non c'è proprio nessuna prospettiva. Nell'amministrazione regionale è tutt'altra cosa: lì, ecco, c'è magari uno che se ne sta incollato alla sua postazione e lavora a testa bassa. Un vestito da grandi magazzini, un grugno che ti vien voglia di sputarci sopra, eppure guarda un po’ che villetta estiva può prendersi in affitto! E non portargli in regalo una scatola di marron glacés:
(voltandosi e parlando di profilo, speculare rispetto al precedente) "Questo, " dice, "è un regalo da dottore…"
(tornando a guardare in macchina) A lui devi dare una coppietta di puro malto, meglio ancora una cassetta di vini spagnoli. È vero, da noi in compenso il servizio è perfetto, dappertutto c'è una pulizia che l'amministrazione regionale nemmeno se la sogna, e tutti i capi danno del Lei. Sì, confesso che se non fosse per la bontà del servizio, avrei lasciato da un pezzo il ministero.
Ho preso l'ombrello, perché veniva giù una pioggerella grigia. Per strada non c'era nessuno; soltanto delle turiste che si coprivano con le prime pagine dei giornali e degli impiegati sotto gli ombrellini degli asiatici, poi mi son capitati sotto gli occhi anche dei preti polacchi. Di gente distinta c'era soltanto un nostro fratello funzionario che arrancava. L'ho visto a un incrocio. Come l'ho visto, mi sono detto subito: "Eh! no, colombella, tu non vai in ufficio, tu stai correndo dietro quella lì, ecco, che ti scappa davanti, e le guardi i manubri scoperti."
Mentre pensavo a questo, ho visto una macchina scura che si fermava davanti a un negozio. L'ho riconosciuta subito: era la macchina blu del nostro direttore. Ma lui non aveva motivo d'entrare in quel negozio, ho pensato, di certo è sua figlia. Mi sono addossato al muro. L'autista ha aperto la portiera e lei è svolazzata fuori come un uccellino. Che occhiate ha dato a destra e a sinistra, che balenìo di ciglia e di occhi... Mamma mia! Ero perduto, completamente perduto. E perché poi era uscita con un tempo così piovoso? Lei non mi ha riconosciuto - del resto io di proposito mi sono ritratto il più possibile.
La sua cagnetta, che non aveva fatto in tempo a infilare la porta del negozio, è rimasta sul marciapiede. Conosco questa cagnetta. Si chiama Dèsirèe. Stavo lì appena da un minuto o due quando sento una vocina sottile: "Buongiorno Dèsirèe." (si guarda intorno) Questa sì che era bella! Chi aveva parlato? Mi sono guardato in giro e ho visto due signore che camminavano sottobraccio: una vecchia italiana e una giovane bulgara; ma loro erano già passate e vicino a me ho udito di nuovo: "Guai a te, Dèsirèe!" Che razza di diavolo! Allora ho visto (vede qualcosa in basso e di lato) che Dèsirèe annusava l'altra cagnetta che seguiva le signore. Eh! mi son detto; questo è troppo, non sarò ubriaco? Davvero, per quanto mi risulta questa è una cosa che mi succede molto di rado. (tornando a guardare in basso e di lato) "No, Meggy, fai male a pensare così", (guarda in macchina) e io con i miei occhi ho visto che era Dèsirèe a parlare. (guardando in basso e di lato) "Sono stata, bau! bau! Sono stata, bau, bau, bau! molto ammalata."
Confesso d'essermi molto stupito a sentirla parlare nella nostra lingua. Ma poi, quando ho ragionato per bene su questo punto, ho cessato di meravigliarmi. Effettivamente, al mondo ci sono già stati parecchi esempi del genere. Si dice che in Inghilterra sia venuto a galla un pesce il quale ha detto due parole in una lingua stranissima che da tre anni gli scienziati si sforzano di decifrare, finora senza risultato. Sui giornali ho letto anche di due vacche indiane che sono entrate in un negozio e hanno chiesto una libbra di tè. Ma, lo confesso, mi sono meravigliato molto di più quando Dèsirèe ha detto: (guardando in basso e di lato) "Io ti ho scritto, Meggy, di certo Pablo non t’ha portato la mia lettera!" (guardando in macchina) Che non riceva lo stipendio se in vita mia avevo mai sentito che un cane potesse scrivere. Solo un filosofo può scrivere correttamente. Sì, naturale, anche certi scrittori e persino i poeti talvolta scrivono, ma il loro scrivere per lo più è meccanico: né virgole, né punti, né stile.
Questo mi ha meravigliato. Lo confesso, da qualche tempo mi capita di udire e di vedere cose che nessuno finora ha mai visto né udito. Adesso, mi sono detto, vado dietro a questa cagnetta, così saprò chi è e come la pensa. Ho aperto l'ombrello e mi sono diretto dietro le due signore. Siamo passati in Via dei Condotti, abbiamo svoltato in Via Frattina, di là in Via del Corso, finalmente verso il Ponte di Ripetta e ci siamo fermati davanti a una grande casa. Questa casa io la conosco, mi son detto. È la casa di Settinelli. Che casermone! E che gente ci abita: studenti greci, avventuriere russe, e molti funzionari, uno sopra l'altro, come cani. Anch'io ho un amico che abita lì, suona bene la tromba. Le signore sono salite al quinto piano. Bene, ho pensato, adesso non ci vado, ma mi annoto il posto e alla prima occasione non mancherò di approfittarne.
(Esce di campo, vi rientra indossando una giacca a vento, apre un quaderno, scrive una frase su una pagina, intasca la matita, si dirige verso la videocamera, la stacca dal cavalletto, avanza verso il quaderno aperto, registra la frase scritta in precedenza. “ Il balcone di Celeste.” Stacco.)
3…Esterni mattina pomeriggio notte. (la Casa di Settinelli, Il Balcone 1, Eccetera.)
4…Interno Pomeriggio. Sdraiato sul letto in Piano a Figura Intera. “A casa sono rimasto a letto.”
Quattordici marzo. Oggi è mercoledì e perciò ero nella stanza del direttore. Sono arrivato apposta prima del solito e ho riordinato tutte le cartelle. Il direttore deve essere un uomo molto intelligente. Tutta la sua stanza è piena di scaffali e gli scaffali sono pieni di libri. Ho letto alcuni titoli: scienza, una scienza tale che quelli come me non ci arrivano proprio. E Shakespeare, l’Inglese, le sue operette teatrali. A queste forse ci arrivo, ho pensato, e mi sono prestato “Misura per Misura” - m’incuriosisce il titolo…
A guardarlo in faccia, il direttore: caspita, che luce di importanza gli brilla negli occhi! Finora non l'ho mai sentito dire una parola. Forse, soltanto quando gli porgi una cartella, domanda: "Che tempo fa fuori?" "Incerto, Eccellenza!" Sì, la gente come me non gli sta alla pari! Un uomo di stato. Noto comunque che a me è particolarmente affezionato. Anche se la figlia... eh, canaglia!... Fa niente, niente, silenzio!…
Ho letto il 'Corriere della Sera'. Che stupido popolo, i francesi! Be’, e che vogliono? Li prenderei tutti, uomini e donne, e li batterei con le loro baguettes. Lì, infatti, ho letto in una Lettera al Direttore la divertentissima descrizione di un ballo, scritta da un imprenditore del Nord-Est in vacanza. Gli imprenditori del Nord-Est scrivono bene. Poi ho notato che era già la mezza e il nostro non usciva ancora dalla sua camera da letto. Ma, verso l'una e mezzo, è successo un avvenimento che nessuna faccia può descrivere. Si è aperta la porta, io credevo che fosse il direttore e sono balzato su dalla sedia; ma era lei, proprio lei!
Madonna mia com'era vestita! Aveva un abito bianco come una lucciola: caspita, che lusso! e come guardava: un sole, un sole marzolino! Mi ha salutato e ha detto: "Mio padre si è fatto vedere?" Ahi, ahi, ahi! Che voce! Un usignolo, davvero, un usignolo! Signorina, avrei voluto dire, non ordinate di licenziarmi, ma, se proprio volete farmi licenziare, firmate la lettera con la vostra grafia. Sì, il diavolo mi pigli, la lingua chissà perché non mi si muoveva e ho detto solamente: "No." Lei ha guardato me, il giornale, le cartelle, e ha lasciato cadere il cellulare. Io mi sono precipitato, mi sono impuntato su quel maledetto parquet e per poco non mi si scollava il naso, tuttavia mi sono rialzato e ho raccolto il cellulare. Madonna mia, che cellulare! leggerissimo, trasparente, luminoso: ambra, perfetta ambra! Lei mi ha ringraziato e ha sorriso appena, tanto che le sue labbruzze ciliegine quasi non si sono mosse, e poi se n'è andata.
Io sono rimasto lì, in piedi, non so per quanto tempo; poi è venuta la segretaria e ha detto: "Per oggi può andare a casa, il direttore è già uscito." Io non posso sopportare le segretarie: sono sempre attaccate al telefono e non si scomodano neanche a farti un cenno con la testa. Questo è niente: una volta una di queste ha avuto l'idea di offrirmi una gomma da masticare senza nemmeno sporgersi dal suo posto. Ma lo sai che io sono un funzionario di seconda?
(Avanza verso la videocamera frontalmente, e la spegne.)
5…Riprese di pomeriggio.
Il balcone di lei. “…sono andato sotto il balcone di sua eccellenza e ho aspettato a lungo nella speranza che lei uscisse per guardarla ancora una volta. Ma no, non è uscita.”
Altre riprese di pomeriggio.
Ancora il balcone di lei (le foglie cresciute, il passaggio del tempo): “…guardarla ancora una volta. Ma no, non è uscita.”
Ancora altre riprese di pomeriggio.
Prima: riprese dal tram in movimento: il Colosseo, di scorcio l’Albero…Poi: l’albero, con la figlia del direttore!
6...Interno Pomeriggio. Seduto al divano celeste in Primo Piano. Appena rientrato dall’ufficio: camicia, cravatta, mezzo bicchiere d’acqua.
Oggi è diciannove marzo, lunedì. Il caposezione s'è infuriato. Quando sono arrivato al ministero, mi ha fatto chiamare e ha preso a dire così: "Be’, dica per piacere, che sta facendo?" "Come, che cosa? Io non faccio niente," ho risposto. "Be’, rifletta bene! Si trova sulla soglia della quarantina, sarebbe ora di mettere giudizio. Che cosa s'immagina? Crede che non conosca tutte le Sue marachelle? Lei corre dietro alla figlia del direttore! Ma s’è guardata la faccia nello specchio? Ed ha pensato bene a questo: chi è Lei? Poco più d’uno zero, niente di più. Punto."
Il diavolo lo pigli, lui che ha la faccia che somiglia a una parabola, e ha in testa un ciuffetto di capelli sbuffàti come una cresta di gallo, e li tiene anche voltati all'insù, e li unge con una schiuma, sicché crede addirittura di essere il solo che può tutto. È fuori come un citofono! Capisco, capisco bene perché ce l'ha con me. È invidioso; forse ha visto qualche segno di benevolenza rivolto preferibilmente verso di me. Ma io ci sputo sopra, altro che schiuma! Che grande importanza si dà, il dirigente di seconda fascia! Ostenta lo swatch, calza le Lumberjack, che il diavolo se lo porti! E che, sono forse un borghese piccolo piccolo? Io provengo da una famiglia che un tempo è stata potente – ho le prove. E poi? E che? Anch'io posso fare carriera. Ho solo trent’otto anni, e sto leggendo Shakespeare l’Inglese – “Occhio per occhio”… no / ”Misura per Misura”!… Proprio d’una carriera improvvisa parla l’operetta: c’è un uomo eminente, un Duca, che vuole dare una sistemata al mondo, perciò nomina un Vicario, e si traveste da uomo qualsiasi… sennonché il Vicario mette gli occhi su una verginella… devo vedere bene come finisce questa storia.
Aspetta, caro il mio caposezione! Diventeremo anche noi dirigenti di seconda fascia, coi concorsi interni, e - perché no? - anche di più. Ci faremo pure noi una reputazione corrispondente a ciò che siamo in realtà. Cosa ti sei messo in testa? Che all'infuori di te non ci sia una persona notevole? Porgimi una giacca di Armani, mettimi al collo una cravatta di Trussardi , e non sarai nemmeno degno di aprirmi la portiera… Non sono potente, questo è il guaio.
7…Esterni.Prima: L’Albero, Poi: un matrimonio intorno al Colosseo, un altro matrimonio intorno al Colosseo, Ora: partono i glicini in fiore: uno, due, tre, quattro!, Quindi…
8…Interno Giorno. Sdraiato sul tappeto in Mezzo Primo Piano.
Ventuno marzo. Ieri sera sono stato a teatro. Non era Shakespeare, eppure la commedia conteneva certi versi divertenti sui potenti e sugli impotenti, scritti in modo assai libero...
Ho riso molto...
A me piace andare a teatro, ma gli altri funzionari, a teatro, i pedestri, non ci vanno: piuttosto che spettatore, preferiscono fare l’attore, una particina purchessia nelle compagnie teatrali del ministero… Qui, nella commedia sui potenti e sugli impotenti, un'attrice m’ha ricordato Cele/... ah!... niente, niente... silenzio.
9…Esterni. Esterno. a) Gabriella al Colosseo, b) Spettacolo al Don Orione –Gabriella e Corinna, c) Palestra – Corinna e Marcella e Sofia, d) Festa Popolare a Torre Angela – Gabriella e Corinna e Marcella > statue dei due Santi > Sofia, e) Sofia e Marco a Piazza Mattei > Fontana delle Tartarughe ed Edera Verde > Edera e Glicine Bianco (le scene sono intercalate da scritte sul quaderno, alcune delle quali possono dire, più o meno: “Sembrano appartenere a una setta.” “Tutti giovani e belli.” Etc.)
10...Interno Notte. Seduto sul letto in Primo Piano.
Ventisei marzo. Alle otto in punto sono andato al ministero. Il caposezione ha fatto una faccia, come se non avesse notato che ero arrivato. Anch'io, da parte mia, come se fra noi non ci fosse stato nulla. Ho esaminato e confrontato il “Corriere” e la “Repubblica” nelle pagine degli spettacoli di Roma… la città eterna è piena di vergini che cantano recitano ballano…
Sono uscito alle quattro. Sono passato davanti all'appartamento del direttore, ma non si vedeva nessuno.
(Spegne la luce dell'abat-jour = fondu combinato di luce a levare e nero ad aumentare)
11…Esterni. Il balcone eccetera.
12…Interno Pomeriggio. In piedi, avanzando e arretrando, davanti al panno azzurro-blu.
Ventisette marzo. Oggi sono restato nella stanza del direttore e ho ordinato le cartelle visibili. A lui piace molto che ci siano tante cartelle ordinate. Sta sempre zitto lui, ma nella sua testa, penso io, pondera tutto. Mi piacerebbe sapere a cosa pensa più di tutto; che cosa si muove in quella testa piena di scienza e di Shakespeare... Ah! “Misura per Misura”! Il Duca, smesso il travestimento, ha messo tutti al loro posto, bacchettato il Vicario, piegata la verginella: ne ha fatto la sua promessa sposa… Ah! Il potere!… Avrei voglia di vedere più da vicino la vita dei potenti, come sono in privato, che cosa fanno nel loro ambiente…!
Avrei voglia di dare un'occhiata nel salone, che certe volte intravedo dalla porta aperta, e anche nell'altra stanza, dopo il salone. Eh, che ricco arredamento! Che specchi, che tappeti, che silenzi. Avrei voglia di sbirciare in quella parte dell'alloggio dove sta lei, ecco dove avrei voglia di sbirciare! Nel boudoir, dove ci sono flaconi, bottigliette, fiori che solo ad annusarli c'è da aver paura, e i suoi abiti sparpagliati qua e là, più simili all'aria che non a vestiti. Vorrei dare un'occhiata nella camera da letto... là, penso, devono esserci prodigi; là, penso, deve esserci un paradiso come non ce ne sono neanche in cielo. Vedere un po' lo sgabello sul quale poggia il suo piedino quando si alza dal letto, vedere come infila nella calzina bianca come la neve quel piedino bianco come il ghiaccio... ahi! ahi! ahi! niente, niente... silenzio.
Oggi, nella controra, è stato come se una luce mi rischiarasse: mi sono ricordato della conversazione a cui avevo assistito in quel giorno di pioggia. Bene, ho pensato fra me, adesso sì che saprò tutto. Basta intercettare la corrispondenza che tengono fra di loro quelle due cagnette pettegole. Così, di certo, qualcosa verrò a sapere. Confesso, una volta – quando? - ho persino chiamato Dèsirèe e le ho detto: "Ascolta, Dèsirèe, ecco, adesso noi siamo soli; se vuoi, posso anche chiudere la porta a chiave così nessuno potrà vedere; raccontami tutto quello che sai della Signorina, che cosa fa e com'è. Ti giuro che non lo rivelerò a nessuno." Ma l'astuta cagnetta ha messo la coda fra le zampe, si è rimpicciolita di due volte ed è uscita dalla stanza come se non avesse sentito nulla.
Io lo sospettavo da tempo che il cane fosse molto più intelligente dell'uomo; ero persino sicuro che potesse parlare, ma che in lui ci fosse una specie di testardaggine che gli impediva di farlo. È un politico straordinario: osserva tutto, tutti i passi dell'uomo. No, a qualunque costo domani mi recherò a casa di Settinelli, prima interrogherò Meggy e poi, se mi riuscirà, mi porterò via tutte le lettere che Dèsirèe le ha scritto.
13…Esterni.
14…Interno Pomeriggio. In piedi davanti al panno azzurro-blu.
Ventotto marzo. Alle due del pomeriggio ho timbrato il cartellino e sono uscito di corsa, deciso a vedere Meggy, e a interrogarla.
Quando sono arrivato al quinto piano - a piedi, l’ascensore mi soffoca - e ho suonato il campanello, è uscita una ragazza con le lentiggini. L'ho riconosciuta: era la bulgara che accompagnava la vecchia. Lei è diventata un po' rossa e io ho capito subito: tu, colombella, desideri un fidanzato. "Che cosa desiderate?" ha detto lei. "Ho bisogno di parlare con la vostra cagnetta." La ragazza era scema! Ho capito subito che era scema! La cagnetta intanto era accorsa abbaiando; io volevo acchiapparla, ma per poco era lei ad acchiapparmi per il naso. Ho visto tuttavia in un angolo la sua cuccia a cassetti. Eh, ecco quello che mi ci voleva! Mi sono lanciato, ho frugato fra i cassetti della casetta di legno e, con mia grande contentezza, ne ho tirato fuori un mazzetto di piccole carte. La cagnetta, vedendo questo, dapprima mi ha morso a un polpaccio, e poi, quando ha fiutato che avevo preso le carte, ha cominciato a guaire e a far moine, ma io ho detto: "No, colombella, addio!" e mi son buttato a correre per le scale. Penso che la ragazza mi abbia preso per pazzo, perché si è spaventata in modo incredibile.
Volato qui a casa con la buona idea di mettermi subito al lavoro per decifrare quelle lettere, ho scoperto che Rua aveva avuto la cattiva idea di lavare il pavimento. Queste filippine sono sempre pulite a sproposito. Perciò ho preso prendo prenderò la decisione di andare a passeggiare meditando sugli avvenimenti.
Perciò sono andato a passeggiare meditando sugli avvenimenti. Ora dovrei leggerle le lettere… ma non ho la testa. Le metto sotto al cuscino e ci dormo sopra.
15...Interno.
Ventinove marzo mattina presto. Vediamo vediamo… uhm… una scrittura abbastanza nitida.
"Cara Meggy! non posso ancora abituarmi al tuo nome piccolo borghese, lasciamo però tutto questo da parte. Sono molto contenta che abbiamo avuto l'idea di scriverci."
La lettera è scritta molto correttamente. La punteggiatura e persino le 'acca' sono al loro posto. Vediamo ancora:
"Mi sembra che condividere i sentimenti e le impressioni con qualcun'altro sia uno dei massimi beni di questo mondo."
Hmm! il pensiero è attinto da qualche opera tradotta dal tedesco. Non ricordo il titolo.
"Dico questo per esperienza, benché non abbia visto la Cina e l’Australia. Non trascorre forse nel piacere, la mia vita? La mia Signorina, che il papà chiama Celeste, mi ama follemente.”
Ahi!… niente… aspetta... Silenzio!
“Anche il papà sovente mi fa delle carezze. Bevo il tè, e il caffè con la panna. Ah, ma chère, devo dirti che non immagino alcun piacere nelle ossa che il nostro Micerino gratta e succhia sul terrazzo. Le ossa sono buone soltanto se di selvaggina, e quando nessuno ne ha ancora leccato il midollo. È molto bello mischiare varie salse insieme, però senza capperi né verdura; ma io non conosco niente di peggio dell’abitudine di dare molliche di pane ai cani: un qualsiasi signore seduto a tavola, che nelle sue mani ha tenuto ogni sorta di porcherie, comincia a spiaccicare con quelle mani del pane, ti chiama e ti ficca fra i denti una pallottola. Rifiutare in un certo senso non è gentile, e così mangi; con disgusto, ma mangi…”
Lo sa il diavolo che cos’è questa roba. Che stupidaggini! Come se non ci fossero argomenti migliori. Guardiamo l’altra pagina, se c’è qualcosa di più concreto.
“Sono pronta a informarti di tutti i fatti che succedono da noi. Ti ho già detto qualcosa del signore che qui è più importante e che Celeste chiama papà. È un uomo molto strano.”
Ah! Ecco, finalmente! Sì, lo sapevo: loro vedono tutto con occhio politico. Vediamo un po’ che cosa dice di papà:
“…un uomo molto strano. Per lo più sta zitto, ma una settimana fa non ha fatto che dire incessantemente tra sé: ‘L’avrò o non l’avrò?’ Con una mano prendeva una carta, e stringeva l’altra, vuota, a pugno, e diceva: ‘L’avrò o non l’avrò?’ Una volta s’è rivolto anche a me con questa domanda: ‘Che ne dici, Dèsirèe, l’avrò o non l’avrò?’ Io non riuscivo a capirci proprio niente, gli ho annusato una scarpa e me ne sono andata. Poi, ma chère, una mattina il papà è arrivato tutto felice, dopodiché sono venuti da lui dei signori e si congratulavano per qualcosa. A tavola il papà era contento come non l’avevo mai visto prima, raccontava barzellette e, dopo il pranzo, mi ha preso in grembo e ha detto: ‘Guarda un po’, Dèsirèe, che cos’è questo?’ Ho visto una specie di lustrino. L’ho annusato, ma non ci ho trovato assolutamente nessun profumo; finalmente, l’ho leccato, senza dare nell’occhio: era un po’ salato.”
Uhm! Questa cagnetta, mi pare, è già troppo… purché non le diano una frustatina! Ah! Sicché il papà sarebbe ambizioso! È una cosa della quale si dovrà tener conto…
“Addio, ma chère! Scappo. Domani finirò la lettera…
Salve! Eccomi di nuovo a te. Oggi la mia signorina Celeste…”
Ah! …
“…Celeste era tutta in trambusto. Si preparava ad andare a un ballo e io ero molto contenta perché in sua assenza avrei potuto scriverti. Anche lei era straordinariamente contenta di andare al ballo, benché quando si veste si arrabbia quasi sempre. Io non riesco a capire, ma chère, il piacere di andare a un ballo. Celeste torna a casa dal ballo alle sei del mattino e quasi sempre dalla sua faccia pallida e dal suo aspetto smunto, indovino che là non le hanno dato niente da mangiare. Mah… io non potrei vivere così. Se non mi dessero la salsa di faraona o l’arrosto di alucce di pollo, io… non so cosa ne sarebbe di me. È buona anche la salsa di struzzo. Ma le carote, o i finocchi, o i carciofi non saranno mai buoni…”
Uno stile estremamente ineguale. Si vede subito che non è un filosofo che scrive. Comincia come si deve e finisce alla canina. Guardiamone un’altra…
Curioso: non c’è la data…
“Ah! Come si sente l’avvicinarsi della primavera. Il mio cuore batte come se aspettasse di continuo qualcosa. Nelle mie orecchie risuona un sibilo, un ronzio. Tanto che qualche volta rimango per parecchi minuti in ascolto davanti alla porta con una zampetta sollevata. Voglio svelarti un segreto: ho molti corteggiatori. Sovente, stando seduta alla finestra, me li guardo tutti. Ah, se sapessi che mostri ci sono fra loro! Ma forse tu penserai, ma chère, che il mio cuore sia indifferente a tutte le proposte? Ah, no… Se tu vedessi un cavaliere che ha saltato il divisorio del terrazzo della casa vicina e che si chiama Rodomonte. Ah, ma chère, che musetto grazioso!”
Al diavolo! Come si possono riempire delle lettere di simili stupidaggini! Datemi un essere umano! Voglio vedere un essere umano; ho bisogno di un cibo che possa nutrire e deliziare la mia anima; e, invece, queste sciocchezze… Voltiamo pagina, forse ci sarà qualcosa di meglio:
“…il pelo lungo e setoso… Celeste / Celeste era seduta al tavolino e cuciva qualcosa. Io guardavo fuori della finestra, perché mi piace osservare i passanti. A un tratto è entrato il domestico e ha detto: ‘Gabriele!’ ‘Fallo accomodare!’ ha gridato Celeste e si è precipitata ad abbracciarmi. ‘Ah, Dèsirèe, Dèsirèe! Se tu sapessi chi è : un attore, e che occhi! scuri eppure splendenti come il fuoco.’ Ed è corsa in camera sua. Un minuto dopo è entrato un uomo, magro, alto, giovane e bruno; si è avvicinato allo specchio, s’è ravviato i capelli e ha esaminato la stanza. Io ho ringhiato e mi sono seduta al mio posto. Ben presto è tornata Celeste e ha stretto con allegria la mano protesa dell’attore Gabriele; e io zitta, come se non avessi notato nulla; continuavo a guardare fuori della finestra. Avevo però un po’ inclinato la testa e cercavo di ascoltare quello che dicevano. Ah, ma chère, di che stupidaggini parlavano! Dicevano che una certa giornalista, in un certo programma, invece di Effi Briest aveva detto Lilì Marlen; che una certa Velina s’immagina di avere gli occhi azzurri mentre invece sono verdi, e così di seguito. Non so cosa abbia trovato nel suo attore. Per che cosa se ne entusiasma tanto?…”
Anche a me sembra che qui ci sia qualcosa che non va. Non può essere che un attore abbia potuto ammaliarla così. Vediamo oltre.
“Mi sembra che se le piace l’attore, presto le piacerà anche quel funzionario che se ne sta seduto nell’ufficio di suo papà. Ah, ma chère, se tu sapessi che mostro è quello. Una vera tartaruga nel suo guscio…”
E chi sarebbe questo funzionario?
“Ha un nome inusuale – Orlando. Sta sempre in piedi e ordina le cartelle. Sulla sua testa, i capelli sembrano proprio fatti di fieno…”
Mi sembra che questa cagnetta idiota ce l’abbia con me. Ma dov’è che ho i capelli come il fieno, io?
“Celeste non riesce mai a trattenersi dal ridere quando lo vede.”
Racconti storie, dannata cagnetta! Ah, che brutta lingua! Come se non sapessi che è tutta invidia. Come se non sapessi chi gioca questi tiri… Ma guardiamo ancora un’altra lettera. Forse la cosa si chiarirà da sé.
“Ma chère Meggy, scusami se non ti ho più scritto da tanto tempo. Ero in preda a una vera e propria ebbrezza. Non so da chi ho sentito dire che l’amore è una seconda vita. Per giunta in casa nostra sono in corso grandi cambiamenti. Adesso l’attore viene da noi ogni giorno. Celeste è pazzamente innamorata di lui... Papà è molto allegro. Presto ci saranno le nozze, perché papà vuole assolutamente vedere Celeste sposata con un giornalista o un attore…”
Il diavolo ti pigli! Non posso più leggere… Sempre giornalisti o attori! Tutto quello che c’è di meglio al mondo, tutto va a loro! È tutto loro quello che luccica! Ti trovi un piccolo tesoro, lo tieni d’occhio, sogni di afferrarlo, ti avvicini in punta di piedi… macché, uno di loro si presenta, uno sguardo, un gesto, un pettegolezzo, e addio piccolo tesoro. Al diavolo! Vorrei anch’io farmi attore, non per avere la mano di Celeste e tutto il resto, no, vorrei fare l’attore solamente per vedermeli scodinzolare davanti e fare moine e poi dirgli… Il diavolo se li porti, il diavolo.
(Fa a pezzi le lettere.)
16…Esterni. Marco e le Quattro!
(8b. Dice: Ho trovato una foto nella busta delle lettere. C’è lei, da piccola, ci sono altre compagnucce (imparagonabili a lei) e c’è già il diavolo, sullo sfondo. Ecco. Lei da piccola faceva già l’amore col diavolo.
E registra la foto??)
17...Interno.
Primo aprile. Non può essere. Queste nozze non si devono fare! Che vuol dire che lui è un attore!? Non è altro che una possibilità... Mica ha il naso d’oro: il suo naso è come il mio: ci annusa e non ci mangia, ci starnutisce, non ci tossisce...
Fosse un elefante, con tutto quel naso-proboscide, capirei; o un armadillo cieco e sordo, che lo usa come un radar; o la saiga delle steppe, che ci controlla l’evaporazione dell’acqua e limita la penetrazione della sabbia; o la talpa il toporagno il formichiere che sondano terreni muri termitai; i maiali e i cinghiali che l’hanno umido e duro per scovare tuberi e succhiare lombrichi, o la scimmia nasica del Borneo che lo ostenta come arma di seduzione – … – capirei, capirei, ma il suo non può essere che un normale naso umano…
Come il mio… Il naso dell’attore è come il mio…
Una possibilità…
Uhm… E dunque! Farò di me un attore! “Tutti sanno recitare, eccetto alcuni attori”, no? E dunque: entrerò a far parte di una maledetta compagnia teatrale, e vedremo chi la spunta, col piccolo tesoro!… Vediamo: l’ideale sarebbe… ma certo: “Misura per Misura”! Mi sta a pennello la parte del Duca: dà il potere - lo toglie, si vela - si svela, dice la prima e l’ultima parola - e seduce la verginella di turno!
18…Esterni: registrazione dell’incipit di “Misura per Misura”.
19…Interni.
Ventidue aprile. Ecco fatto. Tre settimane di vacanza dal lavoro d’ufficio, attenzione, ripetizione, fissazione, ed ecco impersonato il Duca… E allora? E ora?…
Recitare? Fare l’attore? Il Duca ha tutto…
“Frustato sarete prima, impiccato poi, Lucio: diffamare un principe è un delitto. Claudio, il torto che hai fatto a Giulietta, procura che sia riparato. La felicità t’accompagni, Mariana. Amala, Angelo. Io l’ho confessata e conosco la sua virtù. Grazie, buon amico Escalus, per la tua dedizione. Grazie, Bargello, per la tua segretezza. Ti impiegheremo in un ufficio anche più degno. Cara Isabella… cara Celeste… datemi la vostra mano e dite che sarete mia.”
Il Duca ha tutto… Ma io che lo fingo, cosa ho? Niente, ormai niente, ancora niente!
A che serve dunque recitare? Giocare con le nuvole il tempo di una recita? A chi serve? Lo lascio fare a lui, quello con gli occhi di fuoco, il ladro… Che reciti dove gli pare, se gli basta! A me non basta. Io andrò oltre, andrò fino in fondo. Non reciterò la parte del Potente, sarò Potente! Non mi travestirò da Potente, mi svelerò come Potente! Non potente nella testa, nell’immaginazione, sul palcoscenico! No! Potente nella realtà, fra gli altri… sugli altri!
A proposito, io sarei un funzionario di seconda? Non sono magari un direttore generale o un generale tout court che sembra un funzionario di seconda? Forse non lo so neppure io chi sono. Quanti esempi ci sono infatti nella storia: prendiamo un uomo qualsiasi, ed ecco che tutt’a un tratto si scopre che è un premier, o qualcosa del genere. Se può venir fuori una cosa simile da un plebeo, che cosa può venir fuori da un nobile? Tutt’a un tratto, per esempio, io entro in un posto in uniforme da generale: ho una spallina sulla spalla destra e una spallina sulla spalla sinistra, sul petto un nastro azzurro, ebbene? Come canterà allora la mia signorina? Che cosa dirà papà, il nostro direttore? Oh, è un grande ambizioso! È un bahai, sicuramente è un bahai, anche se si fa passare per questo e per quell’altro, ma io ho notato subito che è un bahai: se dà la mano a qualcuno, porge solamente due dita. Perché, forse che io non potrei essere nominato in quest’istante stesso generale, capo di stato maggiore, o premier, o magari di più? Mi piacerebbe sapere perché sono condannato e da chi ad essere funzionario di seconda!
20…Interni.
Ventitré aprile. Oggi ho letto i giornali per tutta la mattina. Strane cose succedono in Spagna. Non sono nemmeno riuscito a capirle bene. Scrivono che il trono è vacante e che, in conseguenza di ciò, si producono attentati. Questo mi pare molto strano. Dicono che una certa Hillary deve ascendere al trono. Ma una donna non può ascendere al trono. Assolutamente non può. Sul trono ci deve essere un re. Non può essere che non ci sia un re. Uno stato non può stare senza re. Il re c’è, solamente che si trova in qualche posto in incognito. Può anche darsi che si trovi proprio lì, ma certe ragioni familiari o timori da parte della potenze confinanti, come dire la Francia o l’Italia, lo costringono a nascondersi; oppure c’è qualche altra ragione.
21…Manifestazione del Natale di Roma intorno al Colosseo. Etc.
22...Interno. In mezzo ai giornali.
Ventiquattro aprile. Stamattina ero ormai deciso ad andare al ministero, ma non poteva uscirmi di testa la questione spagnola. Come può essere che una donna diventi regina? Non lo permetteranno, le cancellerie europee. E in primo luogo non lo permetterà l’Inghilterra, chiaro...
Confesso che questo problema mi ha occupato tutto e non sono riuscito ad applicarmi a null’altro. Rua mi ha fatto notare che ero molto distratto. E deve essere vero, perché, pare, ad un certo punto ho fatto cadere in terra un bicchiere pieno di menta, che si è subito rotto in una corona di schegge…
Dopo il pranzo mi sono ritirato sull’Esquilino, ed ho osservato a lungo il Colosseo assediato dai giapponesi e dagli americani: niente, non ho potuto trarne nulla di istruttivo. Perciò sono tornato a rimestare tra le righe dei giornali… qualcosa mi dice che sta maturando una soluzione al rebus spagnolo.
23...Esterni.
24…Interni.
Venticinque aprile duemilaequattro. Oggi è una giornata di immenso trionfo! In Spagna c’è un re. È stato trovato. Questo re sono io. L’ho saputo mezz’ora fa. Confesso che, di colpo, è stato come se avessi avuto un’illuminazione. Non capisco come abbia potuto immaginarmi di essere un funzionario di seconda. Come mi sia passato per il capo un pensiero così stravagante. Meno male che nessuno ha pensato allora di mettermi in manicomio. Adesso tutto è chiaro dinanzi a me. Adesso vedo tutto come sul palmo della mano. Mentre prima, io non capisco, prima tutto mi stava davanti come in una nebbia. E tutto questo, credo, avviene perché gli uomini credono che il cervello umano si trovi nella testa, nient’affatto: lo porta il vento dalla parte del Mare Ionio.
Ho annunciato a Rua chi sono io. Quando ha sentito che dinanzi a lei stava il re di Spagna, ha battuto le mani e per poco non moriva dalla paura. Ho cercato di tranquillizzarla e di assicurarla circa i miei sentimenti, e che non me la sarei presa se certe volte mi ha stirato male le camicie. Lei si è spaventata, perché è convinta che tutti i re di Spagna assomigliano a Filippo II. Ma io le ho spiegato che fra me e Filippo II non c’è nessuna affinità, vengo da un altro ceppo, da un altro ramo… Il tempo che dice?
(Esce di campo, qualche secondo, vi rientra.) È imbronciato: perché? Sia come sia. Andrò tra la folla, in incognito. Al solito, con la videocamera: il miglior modo di passare inosservato non è di girare con una videocamera?
25…Esterni. La manifestazione del 25 aprile intorno al Colosseo.
Una pagina del quaderno. Si legge:
Arrivo io e mettono una musica spagnola. I comunisti sanno?
26...Interni.
Ottantasei marzobre. Oggi mi è arrivata una raccomandata con ricevuta di ritorno perché mi presentassi al ministero, dopo che sono diverse settimane che non vado in ufficio. Per scherzo allora mi sono recato al ministero. Il caposezione credeva che lo avrei salutato e che mi sarei messo a scusarmi, ma io l’ho guardato con indifferenza, senza troppa ira e senza troppa benevolenza, e mi sono seduto al mio posto come se niente fosse successo.
Guardavo il formicaio burocratico e pensavo: se sapeste chi è che sta seduto fra voi… Immagino il parapiglia!… Mi avevano messo davanti certe cartelle, perché le ordinassi. Ma io non le ho nemmeno toccate con un dito. Dopo qualche minuto tutto s’è messo in agitazione. Voci dicevano che arrivava il direttore. Piedi e teste si sono messi a correre a gara per farsi notare. Ma io non mi sono mosso. Quando lui ha attraversato la nostra sezione, tutti si sono piegati, io niente! Che cos’è un direttore? Perché devo abbassare la testa davanti a lui? E poi che direttore è? È un tappo, non un direttore. Un comune tappo, un semplice tappo, di quelli con cui si tappano le bottiglie.
Più di tutto mi sono divertito quando mi hanno rifilato una carta affinché la firmassi. Loro credevano che proprio in fondo al foglio avrei firmato: Orlando Orlandi, funzionario di seconda. Cos’altro avrei potuto scrivere? E io invece, nel punto più importante, dove firma il direttore, ho vergato: ‘Sisto Sesto’. Bisognava vedere che reverente silenzio s’è diffuso intorno, ma io ho fatto soltanto un cenno con la mano, dicendo: ‘Non è necessaria alcuna manifestazione di timore reverenziale!’ e sono uscito.
27…Esterni. Riprese di notte.
28…Interni*
Il giorno dopo. Stamattina ho attraversato il ministero senza rivolgere la parola a nessuno. Ho notato con la coda dell’occhio e annotato con la coda dell’orecchio lievi allontanamenti e delicati bisbigli. Sono entrato risolutamente nell’alloggio del direttore. Il direttore non era in casa. Il domestico non voleva lasciarmi passare, ma gli ho detto qualcosa per cui ha lasciato cadere le braccia. Mi sono inoltrato direttamente nella toilette. Lei era seduta davanti allo specchio, è balzata in piedi ed ha indietreggiato. Perché ha indietreggiato?… Strano, mi sono detto: nasconde qualcosa. Non ho detto nulla, ma uscendo ho preso una cartella di disegni che stava sulla sua scrivania.
29...Disegni di Eftimios. Orlando gira intorno alla video camera, la prende e va ad inquadrare una cartella disposta su un letto. La copertina della cartella. Con una mano apre la cartella: un disegno, il primo. E poi, a stacco, una serie di disegni, totali e particolari, montati su una musica: la stessa musica che avevamo sentito provenire dal balcone della figlia del direttore.
Altre riprese?
30…Interni*
Altra data…
Oh, che perfido essere è la donna! Solamente adesso ho capito che cos’è la donna. Finora nessuno sapeva di chi essa è innamorata; io per primo l’ho scoperto. La donna è innamorata sempre di qualcun’altro. Sì, senza scherzi. Gli scienziati scrivono stupidaggini: la donna ama, la donna non ama: basta: la donna ama sempre un altro. Punto.
Tutto questo è amore e l’amore viene dal fatto che sotto la lingua si trova una vescichetta e in essa c’è un piccolo verme della grandezza d’una capocchia di spillo, e tutto questo lo fa un barbiere sulla via Merulana. Non mi ricordo come si chiama. Ma la molla principale è l’imam iraniano che paga il barbiere e vuole diffondere in tutto il mondo l’islamismo. Si dice che in Francia già una gran parte della popolazione, preferibilmente in periferia riconosca la fede di Maometto.
31...Esterni. Ripresa di un glicine ormai sfiorito, poi un altro parimenti sfiorito.
Una pagina del quaderno. Si legge:
I fiori sono finiti. Dove finiscono i fiori?
31bis…Il mimo e le statue degli imperatori in via dei Fori.
32...Interni*
Nessuna data. Un giorno senza data.
Sono andato a passeggio in incognito in via dei Fori Imperiali. Non l’ho dato a vedere in alcun modo di essere il re di Spagna. Ho ritenuto sconveniente rivelarmi lì davanti a tutti, perché prima di tutto bisogna presentarsi a corte…
Mi ha fermato solamente il fatto che ancora non ho il costume regale. Dovrei procurami almeno un manto. Volevo ordinarlo al sarto, ma i sarti sono perfetti asini, inoltre trascurano il loro lavoro, si sono dati alle speculazioni e per la maggior parte lastricano le strade.
33…Interni* Seduto a terra, avvolto nel tappeto.
Non ricordo la data. Neanche il mese c’era / Solo il diavolo sa dov’era.
Il manto è pronto. Rua s’è messa a strillare quando l’ho indossato. Tuttavia non mi decido ancora a presentarmi a corte. Finora non è arrivata alcuna deputazione dalla Spagna. Senza deputati non sta bene. La mia dignità non avrebbe alcun peso. Li aspetto di ora in ora.
34…Esterni.
35…Interni* Sdraiato sul tappeto.
Giorno numero uno.
Mi stupisce moltissimo il ritardo dei deputati. Quali ragioni possono averli trattenuti? La Francia forse? Sì, è la potenza più sfavorevole. Sono andato a informarmi alla posta se non fossero arrivati i deputati spagnoli. Ma il capufficio è stupido, non sa nulla: no, dice, qui non c’è nessun deputato spagnolo, ma se volete scrivere delle lettere, noi le accetteremo secondo le norme correnti. Che il diavolo se lo pigli! Che c’entra una lettera? Una lettera è una stupidaggine… Forse un’email?
36...Riprese dal treno. E, prima di queste, altre riprese.
37...Interno manicomio. Contro una porta azzurra.*
Sono a Madrid, è un pomeriggio che dovrebbe essere gioioso ma è strano.
Tutto è successo così rapidamente che ho fatto appena in tempo a fiatare. Questa mattina si sono presentati da me i deputati spagnoli, ho preparato cassette, cavalletto e videocamera sotto i loro occhi attenti e sono stato accompagnato ad uno strano treno oblungo. Strana anche la velocità: andavamo così lesti che in otto respiri abbiamo raggiunto la frontiera… Strano paese, la Spagna: quando siamo entrati nella prima stanza ho visto una quantità di persone tutte vestite di bianco. Però ho intuito subito che erano domenicani, perché loro si vestono di bianco. Strano anche il modo di fare del Cancelliere di Stato, che mi ha preso per mano, mi ha condotto in una seconda stanza e mi ha detto: ‘Siediti qui, e stai tranquillo’… Rimasto solo, ho deciso di occuparmi degli affari di Stato. Ho scoperto che la Cina e la Spagna sono la stessa identica terra. Consiglio a tutti di provare a scrivere su un pezzo di carta ‘Spagna’: verrà fuori ‘Cina’. Mi ha tuttavia straordinariamente amareggiato un avvenimento che deve aver luogo domani. Domani alle sette la terra si poserà sulla luna. Confesso che mi sono sentito stringere il cuore considerando la morbidezza e la fragilità della luna. La luna infatti di solito viene fatta ad Amburgo, e vien fatta malissimo: adoperano petrolio irakeno. Conseguenza: su tutta la terra c’è un tanfo così forte che bisogna tapparsi il naso. Ecco perché noi non possiamo vedere i nostri nasi: si trovano tutti sulla luna... Mi ha preso un’inquietudine tale che sono corso nella sala del consiglio di stato per dare ordine ai padri domenicani di non autorizzare la terra a posarsi sulla luna, ma in quel momento è entrato il Grande Cancelliere. Vedendolo, tutti sono scappati via. Io, in quanto re, sono rimasto solo.
38...Riprese da una finestra, di giorno.
39...Interno manicomio*
Palazzo Reale. Qualche giorno dopo.
Non riesco ancora a capire che razza di paese sia la Spagna. Le usanze e l’etichetta di corte sono assolutamente insolite. Non capisco, proprio non capisco. Mi hanno vestito di bianco sebbene gridassi con tutte le forze che non desideravo farmi domenicano. Ma non sono più capace di ricordare che cosa ne è stato di me quando hanno cominciato a versarmi nelle vene acqua frizzante. Ero lì lì per uscire di me, quando mi hanno assicurato che, se non lo facevo, mi avrebbero lasciato l’amica videocamera. Non capisco assolutamente il significato di questa strana usanza. Mi è incomprensibile l’irragionevolezza dei re, che ancora non l’aboliscono. Comincio a credere di essere caduto nelle mani dell’Inquisizione e che il Cancelliere di Stato in realtà è il Grande Inquisitore. Ma non riesco ancora a capire come il Re possa essere sottomesso all’Inquisizione... Potrebbe essere una cosa che viene dagli Stati Uniti. Hanno giurato di danneggiarmi mortalmente, ed ecco che mi perseguitano per terra e per aria, ma io lo so, è l’Inghilterra che li guida. È ormai universalmente noto che quando l’Inghilterra fiuta il tabacco, gli Stati Uniti starnutano.
40...Riprese dalla stessa finestra, di notte. Curvatura e deformazione del tempo (leggere, minuscole, appena percepibili accelerazioni e rallentamenti; forse persistenze di immagini, dissolvenze incrociate…)
41...Interno. Manicomio.
Giorno e notte.
Il Grande Inquisitore è venuto nella mia stanza, però io, avendo sentito da lontano i suoi passi felpati, mi sono nascosto sotto la sedia con la videocamera. Vedendo che non c’ero, lui ha cominciato a chiamarmi. Prima ha sussurrato: “Orlando?” Io, neanche una parola. Silenzio. Poi ha gridato: “Sisto Sesto, re di Spagna!” …
Avrei voluto cacciar fuori la testa, ma poi ho pensato: “No, bello, non me la fai, ti conosco mascherina: mi vuoi versare di nuovo dell’acqua frizzante nelle vene.” Com’è come non è, lui mi ha intravisto e m’ha domandato di uscire da sotto la sedia assicurandomi che potevo continuare a registrare in solitudine il mio diario. “Bene – ho annotato mentalmente - la Grande Inquisizione si arresta davanti alla privacy di un Re” e sono scivolato sul pavimento come una lumaca. Siamo rimasti un po’ a guardarci, lui dall’alto, io ancora più in alto, fino a che il Grande Inquisitore m’ha promesso di smetterla con l’acqua frizzante: dice che d’ora in avanti userà con me solo le parole, nient’altro che le parole…
42...Interno notte. Manicomio.
No, non ho più la forza di sopportare le parole. Che cosa gli ho fatto? Mi infilano nelle orecchie una per una le loro parole, la testa mi risuona e tutto gira intorno. Salvatemi! Portatemi via! Datemi un bimotore veloce come il vento! Ai comandi, diavolo danzante - rombate, motori - trascinatemi via da questo mondo! Lontano, più lontano, che non si veda nulla, più nulla. Ecco che il cielo turbina davanti a me; lontano brilla una stellina; sotto di me corre la foresta con gli alberi scuri e la luna gonfia; una nebbia bluastra si stende sotto i miei piedi; da una parte c’è il mare, dall’altra l’Italia; ecco che si vedono ora i Monti Cimini…
È la mia casa quella che azzurreggia sul crinale? È mia madre quella che s’affaccia alla finestra lunga e stretta? Mamma, salva tuo figlio! Versa le tue lacrime sui suoi piedi che hanno tanto camminato! Guarda come lo torturano! Non c’è posto per lui al mondo! Lo perseguitano! Mamma! Abbi pietà del tuo bambino malato!…
Ma lo sapete che la Regina d’Inghilterra ha un bernoccolo proprio sotto il naso?
1.
Oggi dodici marzo è successo un fatto insolito, e ho deciso di tenere un diario, stavolta con la videocamera.
Questa mattina mi sono alzato tardi, e quando Rua mi ha portato la camicia stirata, ho domandato che ora fosse. Saputo che erano passate da un pezzo le nove, ho iniziato in fretta a vestirmi. Confesso che non sarei andato al ministero, perché sapevo in anticipo che faccia acida avrebbe fatto il nostro caposezione. È già un pezzo che mi dice:
"Che Le piglia, Orlando, che ha sempre in testa un tale guazzabuglio? Certe volte si agita come un indemoniato, imbroglia talmente le cose e le parole che nemmeno il diavolo ci capisce più nulla."
Di certo è invidioso perché sto nell'ufficio del direttore e ordino le cartelle di Sua Eccellenza. Insomma, non sarei andato al ministero se non avessi avuto la speranza di vedere il cassiere e magari di chiedergli qualcosina d'anticipo sullo stipendio. Ecco un'altra bella creatura! Mai che dia i soldi un mese prima! Mamma mia! È più facile che arrivi il giudizio universale! Appòstati nel corridoio giusto, affàcciati in punta di piedi, rivolgiti a lui col sorrisetto, sbatti la testa al muro, mica te li dà, razza di un diavolo calvo! E poi a casa la domestica lo schiaffeggia! Tutto il mondo lo sa, questo.
Io non capisco i vantaggi di prestar servizio in un ministero. Non c'è proprio nessuna prospettiva. Nell'amministrazione regionale è tutt'altra cosa: lì, ecco, c'è magari uno che se ne sta incollato alla sua postazione e lavora a testa bassa. Un vestito da grandi magazzini, un grugno che ti vien voglia di sputarci sopra, eppure guarda un po’ che villetta estiva può prendersi in affitto! E non portargli in regalo una scatola di marron glacés:
"Questo, " dice, "è un regalo da dottore…"
A lui devi dare una coppietta di puro malto, meglio ancora una cassetta di vini spagnoli. È vero, da noi in compenso il servizio è perfetto, dappertutto c'è una pulizia che l'amministrazione regionale nemmeno se la sogna, e tutti i capi danno del Lei. Sì, confesso che se non fosse per la bontà del servizio, avrei lasciato da un pezzo il ministero.
Ho preso l'ombrello, perché veniva giù una pioggerella grigia. Per strada non c'era nessuno; soltanto delle turiste che si coprivano con le prime pagine dei giornali e degli impiegati sotto gli ombrellini degli asiatici, poi mi son capitati sotto gli occhi anche dei preti polacchi. Di gente distinta c'era soltanto un nostro fratello funzionario che arrancava. L'ho visto a un incrocio. Come l'ho visto, mi sono detto subito: "Eh! no, colombella, tu non vai in ufficio, tu stai correndo dietro quella lì, ecco, che ti scappa davanti, e le guardi i manubri scoperti."
Mentre pensavo a questo, ho visto una macchina scura che si fermava davanti a un negozio. L'ho riconosciuta subito: era la macchina blu del nostro direttore. Ma lui non aveva motivo d'entrare in quel negozio, ho pensato, di certo è sua figlia. Mi sono addossato al muro. L'autista ha aperto la portiera e lei è svolazzata fuori come un uccellino. Che occhiate ha dato a destra e a sinistra, che balenìo di ciglia e di occhi... Mamma mia! Ero perduto, completamente perduto. E perché poi era uscita con un tempo così piovoso? Lei non mi ha riconosciuto - del resto io di proposito mi sono ritratto il più possibile.
La sua cagnetta, che non aveva fatto in tempo a infilare la porta del negozio, è rimasta sul marciapiede. Conosco questa cagnetta. Si chiama Dèsirèe. Stavo lì appena da un minuto o due quando sento una vocina sottile: "Buongiorno Dèsirèe." Questa sì che era bella! Chi aveva parlato? Mi sono guardato in giro e ho visto due signore che camminavano sottobraccio: una vecchia italiana e una giovane bulgara; ma loro erano già passate e vicino a me ho udito di nuovo: "Guai a te, Dèsirèe!" Che razza di diavolo! Allora ho visto che Dèsirèe annusava l'altra cagnetta che seguiva le signore. Eh! mi son detto; questo è troppo, non sarò ubriaco? Davvero, per quanto mi risulta questa è una cosa che mi succede molto di rado. "No, Meggy, fai male a pensare così", e io con i miei occhi ho visto che era Dèsirèe a parlare. "Sono stata, bau! bau! Sono stata, bau, bau, bau! molto ammalata."
Confesso d'essermi molto stupito a sentirla parlare nella nostra lingua. Ma poi, quando ho ragionato per bene su questo punto, ho cessato di meravigliarmi. Effettivamente, al mondo ci sono già stati parecchi esempi del genere. Si dice che in Inghilterra sia venuto a galla un pesce il quale ha detto due parole in una lingua stranissima che da tre anni gli scienziati si sforzano di decifrare, finora senza risultato. Sui giornali ho letto anche di due vacche indiane che sono entrate in un negozio e hanno chiesto una libbra di tè. Ma, lo confesso, mi sono meravigliato molto di più quando Dèsirèe ha detto: "Io ti ho scritto, Meggy, di certo Pablo non t’ha portato la mia lettera!" Che non riceva lo stipendio se in vita mia avevo mai sentito che un cane potesse scrivere. Solo un filosofo può scrivere correttamente. Sì, naturale, anche certi scrittori e persino i poeti talvolta scrivono, ma il loro scrivere per lo più è meccanico: né virgole, né punti, né stile.
Questo mi ha meravigliato. Lo confesso, da qualche tempo mi capita di udire e di vedere cose che nessuno finora ha mai visto né udito. Adesso, mi sono detto, vado dietro a questa cagnetta, così saprò chi è e come la pensa. Ho aperto l'ombrello e mi sono diretto dietro le due signore. Siamo passati in Via dei Condotti, abbiamo svoltato in Via Frattina, di là in Via del Corso, finalmente verso il Ponte di Ripetta e ci siamo fermati davanti a una grande casa. Questa casa io la conosco, mi son detto. È la casa di Settinelli. Che casermone! E che gente ci abita: studenti greci, avventuriere russe, e molti funzionari, uno sopra l'altro, come cani. Anch'io ho un amico che abita lì, suona bene la tromba. Le signore sono salite al quinto piano. Bene, ho pensato, adesso non ci vado, ma mi annoto il posto e alla prima occasione non mancherò di approfittarne.
***
1.
Quattordici marzo. Oggi è mercoledì e perciò ero nella stanza del direttore. Sono arrivato apposta prima del solito e ho riordinato tutte le cartelle. Il direttore deve essere un uomo molto intelligente. Tutta la sua stanza è piena di scaffali e gli scaffali sono pieni di libri. Ho letto alcuni titoli: scienza, una scienza tale che quelli come me non ci arrivano proprio. E Shakespeare, l’Inglese, le sue operette teatrali. A queste forse ci arrivo, ho pensato, e mi sono prestato “Misura per Misura” - m’incuriosisce il titolo…
A guardarlo in faccia, il direttore: caspita, che luce di importanza gli brilla negli occhi! Finora non l'ho mai sentito dire una parola. Forse, soltanto quando gli porgi una cartella, domanda: "Che tempo fa fuori?" "Incerto, Eccellenza!" Sì, la gente come me non gli sta alla pari! Un uomo di stato. Noto comunque che a me è particolarmente affezionato. Anche se la figlia... eh, canaglia!... Fa niente, niente, silenzio!…
Ho letto il 'Corriere della Sera'. Che stupido popolo, i francesi! Be’, e che vogliono? Li prenderei tutti, uomini e donne, e li batterei con le loro baguettes. Lì, infatti, ho letto in una Lettera al Direttore la divertentissima descrizione di un ballo, scritta da un imprenditore del Nord-Est in vacanza. Gli imprenditori del Nord-Est scrivono bene. Poi ho notato che era già la mezza e il nostro non usciva ancora dalla sua camera da letto. Ma, verso l'una e mezzo, è successo un avvenimento che nessuna faccia può descrivere. Si è aperta la porta, io credevo che fosse il direttore e sono balzato su dalla sedia; ma era lei, proprio lei!
Madonna mia com'era vestita! Aveva un abito bianco come una lucciola: caspita, che lusso! e come guardava: un sole, un sole marzolino! Mi ha salutato e ha detto: "Mio padre si è fatto vedere?" Ahi, ahi, ahi! Che voce! Un usignolo, davvero, un usignolo! Signorina, avrei voluto dire, non ordinate di licenziarmi, ma, se proprio volete farmi licenziare, firmate la lettera con la vostra grafia. Sì, il diavolo mi pigli, la lingua chissà perché non mi si muoveva e ho detto solamente: "No." Lei ha guardato me, il giornale, le cartelle, e ha lasciato cadere il cellulare. Io mi sono precipitato, mi sono impuntato su quel maledetto parquet e per poco non mi si scollava il naso, tuttavia mi sono rialzato e ho raccolto il cellulare. Madonna mia, che cellulare! leggerissimo, trasparente, luminoso: ambra, perfetta ambra! Lei mi ha ringraziato e ha sorriso appena, tanto che le sue labbruzze ciliegine quasi non si sono mosse, e poi se n'è andata.
Io sono rimasto lì, in piedi, non so per quanto tempo; poi è venuta la segretaria e ha detto: "Per oggi può andare a casa, il direttore è già uscito." Io non posso sopportare le segretarie: sono sempre attaccate al telefono e non si scomodano neanche a farti un cenno con la testa. Questo è niente: una volta una di queste ha avuto l'idea di offrirmi una gomma da masticare senza nemmeno sporgersi dal suo posto. Ma lo sai che io sono un funzionario di seconda?
***
3.
Oggi è diciannove marzo, lunedì. Il caposezione s'è infuriato. Quando sono arrivato al ministero, mi ha fatto chiamare e ha preso a dire così: "Be’, dica per piacere, che sta facendo?" "Come, che cosa? Io non faccio niente," ho risposto. "Be’, rifletta bene! Si trova sulla soglia della quarantina, sarebbe ora di mettere giudizio. Che cosa s'immagina? Crede che non conosca tutte le Sue marachelle? Lei corre dietro alla figlia del direttore! Ma s’è guardata la faccia nello specchio? Ed ha pensato bene a questo: chi è Lei? Poco più d’uno zero, niente di più. Punto."
Il diavolo lo pigli, lui che ha la faccia che somiglia a una parabola, e ha in testa un ciuffetto di capelli sbuffàti come una cresta di gallo, e li tiene anche voltati all'insù, e li unge con una schiuma, sicché crede addirittura di essere il solo che può tutto. È fuori come un citofono! Capisco, capisco bene perché ce l'ha con me. È invidioso; forse ha visto qualche segno di benevolenza rivolto preferibilmente verso di me. Ma io ci sputo sopra, altro che schiuma! Che grande importanza si dà, il dirigente di seconda fascia! Ostenta lo swatch, calza le Lumberjack, che il diavolo se lo porti! E che, sono forse un borghese piccolo piccolo? Io provengo da una famiglia che un tempo è stata potente – ho le prove. E poi? E che? Anch'io posso fare carriera. Ho solo trent’otto anni, e sto leggendo Shakespeare l’Inglese – “Occhio per occhio”… no / ”Misura per Misura”!… Proprio d’una carriera improvvisa parla l’operetta: c’è un uomo eminente, un Duca, che vuole dare una sistemata al mondo, perciò nomina un Vicario, e si traveste da uomo qualsiasi… sennonché il Vicario mette gli occhi su una verginella… devo vedere bene come finisce questa storia.
Aspetta, caro il mio caposezione! Diventeremo anche noi dirigenti di seconda fascia, coi concorsi interni, e - perché no? - anche di più. Ci faremo pure noi una reputazione corrispondente a ciò che siamo in realtà. Cosa ti sei messo in testa? Che all'infuori di te non ci sia una persona notevole? Porgimi una giacca di Armani, mettimi al collo una cravatta di Trussardi , e non sarai nemmeno degno di aprirmi la portiera… Non sono potente, questo è il guaio.
***
4.
Ventuno marzo. Ieri sera sono stato a teatro. Non era Shakespeare, eppure la commedia conteneva certi versi divertenti sui potenti e sugli impotenti, scritti in modo assai libero...
Ho riso molto...
A me piace andare a teatro, ma gli altri funzionari, a teatro, i pedestri, non ci vanno: piuttosto che spettatore, preferiscono fare l’attore, una particina purchessia nelle compagnie teatrali del ministero… Qui, nella commedia sui potenti e sugli impotenti, un'attrice m’ha ricordato Cele/... ah!... niente, niente... silenzio.
***
5. (Donna)
Ah! è Lei... Ma... cosa fa?
Sì, no... non è un libro di scuola...
La figlia del direttore?... Ah, Celeste... Sì, anzi, di più. Lei è sempre... di più…
Perché non passa // perché non passa venerdì al Teatro don Orione o domenica alla Festa di Santa Chiara…
****
6.
Ventisei marzo. Alle otto in punto sono andato al ministero. Il caposezione ha fatto una faccia, come se non avesse notato che ero arrivato. Anch'io, da parte mia, come se fra noi non ci fosse stato nulla. Ho esaminato e confrontato il “Corriere” e la “Repubblica” nelle pagine degli spettacoli di Roma… la città eterna è piena di vergini che cantano recitano ballano…
Sono uscito alle quattro. Sono passato davanti all'appartamento del direttore, ma non si vedeva nessuno.
***
7.
Ventisette marzo. Oggi sono restato nella stanza del direttore e ho ordinato le cartelle visibili. A lui piace molto che ci siano tante cartelle ordinate. Sta sempre zitto lui, ma nella sua testa, penso io, pondera tutto. Mi piacerebbe sapere a cosa pensa più di tutto; che cosa si muove in quella testa piena di scienza e di Shakespeare... Ah! “Misura per Misura”! Il Duca, smesso il travestimento, ha messo tutti al loro posto, bacchettato il Vicario, piegata la verginella: ne ha fatto la sua promessa sposa… Ah! Il potere!… Avrei voglia di vedere più da vicino la vita dei potenti, come sono in privato, che cosa fanno nel loro ambiente…!
Avrei voglia di dare un'occhiata nel salone, che certe volte intravedo dalla porta aperta, e anche nell'altra stanza, dopo il salone. Eh, che ricco arredamento! Che specchi, che tappeti, che silenzi. Avrei voglia di sbirciare in quella parte dell'alloggio dove sta lei, ecco dove avrei voglia di sbirciare! Nel boudoir, dove ci sono flaconi, bottigliette, fiori che solo ad annusarli c'è da aver paura, e i suoi abiti sparpagliati qua e là, più simili all'aria che non a vestiti. Vorrei dare un'occhiata nella camera da letto... là, penso, devono esserci prodigi; là, penso, deve esserci un paradiso come non ce ne sono neanche in cielo. Vedere un po' lo sgabello sul quale poggia il suo piedino quando si alza dal letto, vedere come infila nella calzina bianca come la neve quel piedino bianco come il ghiaccio... ahi! ahi! ahi! niente, niente... silenzio.
Oggi, nella controra, è stato come se una luce mi rischiarasse: mi sono ricordato della conversazione a cui avevo assistito in quel giorno di pioggia. Bene, ho pensato fra me, adesso sì che saprò tutto. Basta intercettare la corrispondenza che tengono fra di loro quelle due cagnette pettegole. Così, di certo, qualcosa verrò a sapere. Confesso, una volta – quando? - ho persino chiamato Dèsirèe e le ho detto: "Ascolta, Dèsirèe, ecco, adesso noi siamo soli; se vuoi, posso anche chiudere la porta a chiave così nessuno potrà vedere; raccontami tutto quello che sai della Signorina, che cosa fa e com'è. Ti giuro che non lo rivelerò a nessuno." Ma l'astuta cagnetta ha messo la coda fra le zampe, si è rimpicciolita di due volte ed è uscita dalla stanza come se non avesse sentito nulla.
Io lo sospettavo da tempo che il cane fosse molto più intelligente dell'uomo; ero persino sicuro che potesse parlare, ma che in lui ci fosse una specie di testardaggine che gli impediva di farlo. È un politico straordinario: osserva tutto, tutti i passi dell'uomo. No, a qualunque costo domani mi recherò a casa di Settinelli, prima interrogherò Meggy e poi, se mi riuscirà, mi porterò via tutte le lettere che Dèsirèe le ha scritto.
***
8.
Ventotto marzo. Alle due del pomeriggio ho timbrato il cartellino e sono uscito di corsa, deciso a vedere Meggy, e a interrogarla.
Quando sono arrivato al quinto piano - a piedi, l’ascensore mi soffoca - e ho suonato il campanello, è uscita una ragazza con le lentiggini. L'ho riconosciuta: era la bulgara che accompagnava la vecchia. Lei è diventata un po' rossa e io ho capito subito: tu, colombella, desideri un fidanzato. "Che cosa desiderate?" ha detto lei. "Ho bisogno di parlare con la vostra cagnetta." La ragazza era scema! Ho capito subito che era scema! La cagnetta intanto era accorsa abbaiando; io volevo acchiapparla, ma per poco era lei ad acchiapparmi per il naso. Ho visto tuttavia in un angolo la sua cuccia a cassetti. Eh, ecco quello che mi ci voleva! Mi sono lanciato, ho frugato fra i cassetti della casetta di legno e, con mia grande contentezza, ne ho tirato fuori un mazzetto di piccole carte. La cagnetta, vedendo questo, dapprima mi ha morso a un polpaccio, e poi, quando ha fiutato che avevo preso le carte, ha cominciato a guaire e a far moine, ma io ho detto: "No, colombella, addio!" e mi son buttato a correre per le scale. Penso che la ragazza mi abbia preso per pazzo, perché si è spaventata in modo incredibile.
Volato qui a casa con la buona idea di mettermi subito al lavoro per decifrare quelle lettere, ho scoperto che Rua aveva avuto la cattiva idea di lavare il pavimento. Queste filippine sono sempre pulite a sproposito. Perciò ho preso prendo prenderò la decisione di andare a passeggiare meditando sugli avvenimenti.
Perciò sono andato a passeggiare meditando sugli avvenimenti. Ora dovrei leggerle le lettere… ma non ho la testa. Le metto sotto al cuscino e ci dormo sopra.
***
9.
Ventinove marzo mattina presto. Vediamo vediamo… uhm… una scrittura abbastanza nitida.
"Cara Meggy! non posso ancora abituarmi al tuo nome piccolo borghese, lasciamo però tutto questo da parte. Sono molto contenta che abbiamo avuto l'idea di scriverci."
La lettera è scritta molto correttamente. La punteggiatura e persino le 'acca' sono al loro posto. Vediamo ancora:
"Mi sembra che condividere i sentimenti e le impressioni con qualcun'altro sia uno dei massimi beni di questo mondo."
Hmm! il pensiero è attinto da qualche opera tradotta dal tedesco. Non ricordo il titolo.
"Dico questo per esperienza, benché non abbia visto la Cina e l’Australia. Non trascorre forse nel piacere, la mia vita? La mia Signorina, che il papà chiama Celeste, mi ama follemente.”
Ahi!… niente… aspetta... Silenzio!
“Anche il papà sovente mi fa delle carezze. Bevo il tè, e il caffè con la panna. Ah, ma chère, devo dirti che non immagino alcun piacere nelle ossa che il nostro Micerino gratta e succhia sul terrazzo. Le ossa sono buone soltanto se di selvaggina, e quando nessuno ne ha ancora leccato il midollo. È molto bello mischiare varie salse insieme, però senza capperi né verdura; ma io non conosco niente di peggio dell’abitudine di dare molliche di pane ai cani: un qualsiasi signore seduto a tavola, che nelle sue mani ha tenuto ogni sorta di porcherie, comincia a spiaccicare con quelle mani del pane, ti chiama e ti ficca fra i denti una pallottola. Rifiutare in un certo senso non è gentile, e così mangi; con disgusto, ma mangi…”
Lo sa il diavolo che cos’è questa roba. Che stupidaggini! Come se non ci fossero argomenti migliori. Guardiamo l’altra pagina, se c’è qualcosa di più concreto.
“Sono pronta a informarti di tutti i fatti che succedono da noi. Ti ho già detto qualcosa del signore che qui è più importante e che Celeste chiama papà. È un uomo molto strano.”
Ah! Ecco, finalmente! Sì, lo sapevo: loro vedono tutto con occhio politico. Vediamo un po’ che cosa dice di papà:
“…un uomo molto strano. Per lo più sta zitto, ma una settimana fa non ha fatto che dire incessantemente tra sé: ‘L’avrò o non l’avrò?’ Con una mano prendeva una carta, e stringeva l’altra, vuota, a pugno, e diceva: ‘L’avrò o non l’avrò?’ Una volta s’è rivolto anche a me con questa domanda: ‘Che ne dici, Dèsirèe, l’avrò o non l’avrò?’ Io non riuscivo a capirci proprio niente, gli ho annusato una scarpa e me ne sono andata. Poi, ma chère, una mattina il papà è arrivato tutto felice, dopodiché sono venuti da lui dei signori e si congratulavano per qualcosa. A tavola il papà era contento come non l’avevo mai visto prima, raccontava barzellette e, dopo il pranzo, mi ha preso in grembo e ha detto: ‘Guarda un po’, Dèsirèe, che cos’è questo?’ Ho visto una specie di lustrino. L’ho annusato, ma non ci ho trovato assolutamente nessun profumo; finalmente, l’ho leccato, senza dare nell’occhio: era un po’ salato.”
Uhm! Questa cagnetta, mi pare, è già troppo… purché non le diano una frustatina! Ah! Sicché il papà sarebbe ambizioso! È una cosa della quale si dovrà tener conto…
“Addio, ma chère! Scappo. Domani finirò la lettera…
Salve! Eccomi di nuovo a te. Oggi la mia signorina Celeste…”
Ah! …
“…Celeste era tutta in trambusto. Si preparava ad andare a un ballo e io ero molto contenta perché in sua assenza avrei potuto scriverti. Anche lei era straordinariamente contenta di andare al ballo, benché quando si veste si arrabbia quasi sempre. Io non riesco a capire, ma chère, il piacere di andare a un ballo. Celeste torna a casa dal ballo alle sei del mattino e quasi sempre dalla sua faccia pallida e dal suo aspetto smunto, indovino che là non le hanno dato niente da mangiare. Mah… io non potrei vivere così. Se non mi dessero la salsa di faraona o l’arrosto di alucce di pollo, io… non so cosa ne sarebbe di me. È buona anche la salsa di struzzo. Ma le carote, o i finocchi, o i carciofi non saranno mai buoni…”
Uno stile estremamente ineguale. Si vede subito che non è un filosofo che scrive. Comincia come si deve e finisce alla canina. Guardiamone un’altra…
Curioso: non c’è la data…
“Ah! Come si sente l’avvicinarsi della primavera. Il mio cuore batte come se aspettasse di continuo qualcosa. Nelle mie orecchie risuona un sibilo, un ronzio. Tanto che qualche volta rimango per parecchi minuti in ascolto davanti alla porta con una zampetta sollevata. Voglio svelarti un segreto: ho molti corteggiatori. Sovente, stando seduta alla finestra, me li guardo tutti. Ah, se sapessi che mostri ci sono fra loro! Ma forse tu penserai, ma chère, che il mio cuore sia indifferente a tutte le proposte? Ah, no… Se tu vedessi un cavaliere che ha saltato il divisorio del terrazzo della casa vicina e che si chiama Rodomonte. Ah, ma chère, che musetto grazioso!”
Al diavolo! Come si possono riempire delle lettere di simili stupidaggini! Datemi un essere umano! Voglio vedere un essere umano; ho bisogno di un cibo che possa nutrire e deliziare la mia anima; e, invece, queste sciocchezze… Voltiamo pagina, forse ci sarà qualcosa di meglio:
“…il pelo lungo e setoso… Celeste / Celeste era seduta al tavolino e cuciva qualcosa. Io guardavo fuori della finestra, perché mi piace osservare i passanti. A un tratto è entrato il domestico e ha detto: ‘Gabriele!’ ‘Fallo accomodare!’ ha gridato Celeste e si è precipitata ad abbracciarmi. ‘Ah, Dèsirèe, Dèsirèe! Se tu sapessi chi è : un attore, e che occhi! scuri eppure splendenti come il fuoco.’ Ed è corsa in camera sua. Un minuto dopo è entrato un uomo, magro, alto, giovane e bruno; si è avvicinato allo specchio, s’è ravviato i capelli e ha esaminato la stanza. Io ho ringhiato e mi sono seduta al mio posto. Ben presto è tornata Celeste e ha stretto con allegria la mano protesa dell’attore Gabriele; e io zitta, come se non avessi notato nulla; continuavo a guardare fuori della finestra. Avevo però un po’ inclinato la testa e cercavo di ascoltare quello che dicevano. Ah, ma chère, di che stupidaggini parlavano! Dicevano che una certa giornalista, in un certo programma, invece di Effi Briest aveva detto Lilì Marlen; che una certa Velina s’immagina di avere gli occhi azzurri mentre invece sono verdi, e così di seguito. Non so cosa abbia trovato nel suo attore. Per che cosa se ne entusiasma tanto?…”
Anche a me sembra che qui ci sia qualcosa che non va. Non può essere che un attore abbia potuto ammaliarla così. Vediamo oltre.
“Mi sembra che se le piace l’attore, presto le piacerà anche quel funzionario che se ne sta seduto nell’ufficio di suo papà. Ah, ma chère, se tu sapessi che mostro è quello. Una vera tartaruga nel suo guscio…”
E chi sarebbe questo funzionario?
“Ha un nome inusuale – Orlando. Sta sempre in piedi e ordina le cartelle. Sulla sua testa, i capelli sembrano proprio fatti di fieno…”
Mi sembra che questa cagnetta idiota ce l’abbia con me. Ma dov’è che ho i capelli come il fieno, io?
“Celeste non riesce mai a trattenersi dal ridere quando lo vede.”
Racconti storie, dannata cagnetta! Ah, che brutta lingua! Come se non sapessi che è tutta invidia. Come se non sapessi chi gioca questi tiri… Ma guardiamo ancora un’altra lettera. Forse la cosa si chiarirà da sé.
“Ma chère Meggy, scusami se non ti ho più scritto da tanto tempo. Ero in preda a una vera e propria ebbrezza. Non so da chi ho sentito dire che l’amore è una seconda vita. Per giunta in casa nostra sono in corso grandi cambiamenti. Adesso l’attore viene da noi ogni giorno. Celeste è pazzamente innamorata di lui... Papà è molto allegro. Presto ci saranno le nozze, perché papà vuole assolutamente vedere Celeste sposata con un giornalista o un attore…”
Il diavolo ti pigli! Non posso più leggere… Sempre giornalisti o attori! Tutto quello che c’è di meglio al mondo, tutto va a loro! È tutto loro quello che luccica! Ti trovi un piccolo tesoro, lo tieni d’occhio, sogni di afferrarlo, ti avvicini in punta di piedi… macché, uno di loro si presenta, uno sguardo, un gesto, un pettegolezzo, e addio piccolo tesoro. Al diavolo! Vorrei anch’io farmi attore, non per avere la mano di Celeste e tutto il resto, no, vorrei fare l’attore solamente per vedermeli scodinzolare davanti e fare moine e poi dirgli… Il diavolo se li porti, il diavolo.
***
10.
Primo aprile. Non può essere. Queste nozze non si devono fare! Che vuol dire che lui è un attore!? Non è altro che una possibilità... Mica ha il naso d’oro: il suo naso è come il mio: ci annusa e non ci mangia, ci starnutisce, non ci tossisce...
Fosse un elefante, con tutto quel naso-proboscide, capirei; o un armadillo cieco e sordo, che lo usa come un radar; o la saiga delle steppe, che ci controlla l’evaporazione dell’acqua e limita la penetrazione della sabbia; o la talpa il toporagno il formichiere che sondano terreni muri termitai; i maiali e i cinghiali che l’hanno umido e duro per scovare tuberi e succhiare lombrichi, o la scimmia nasica del Borneo che lo ostenta come arma di seduzione – … – capirei, capirei, ma il suo non può essere che un normale naso umano…
Come il mio… Il naso dell’attore è come il mio…
Una possibilità…
Uhm… E dunque! Farò di me un attore! “Tutti sanno recitare, eccetto alcuni attori”, no? E dunque: entrerò a far parte di una maledetta compagnia teatrale, e vedremo chi la spunta, col piccolo tesoro!… Vediamo: l’ideale sarebbe… ma certo: “Misura per Misura”! Mi sta a pennello la parte del Duca: dà il potere - lo toglie, si vela - si svela, dice la prima e l’ultima parola - e seduce la verginella di turno!
***
11.
(Testo da “Misura per misura” di Shakespeare)
12.
Ventidue aprile. Ecco fatto. Tre settimane di vacanza dal lavoro d’ufficio, attenzione, ripetizione, fissazione, ed ecco impersonato il Duca… E allora? E ora?…
Recitare? Fare l’attore? Il Duca ha tutto…
“Frustato sarete prima, impiccato poi, Lucio: diffamare un principe è un delitto. Claudio, il torto che hai fatto a Giulietta, procura che sia riparato. La felicità t’accompagni, Mariana. Amala, Angelo. Io l’ho confessata e conosco la sua virtù. Grazie, buon amico Escalus, per la tua dedizione. Grazie, Bargello, per la tua segretezza. Ti impiegheremo in un ufficio anche più degno. Cara Isabella… cara Celeste… datemi la vostra mano e dite che sarete mia.”
Il Duca ha tutto… Ma io che lo fingo, cosa ho? Niente, ormai niente, ancora niente!
A che serve dunque recitare? Giocare con le nuvole il tempo di una recita? A chi serve? Lo lascio fare a lui, quello con gli occhi di fuoco, il ladro… Che reciti dove gli pare, se gli basta! A me non basta. Io andrò oltre, andrò fino in fondo. Non reciterò la parte del Potente, sarò Potente! Non mi travestirò da Potente, mi svelerò come Potente! Non potente nella testa, nell’immaginazione, sul palcoscenico! No! Potente nella realtà, fra gli altri… sugli altri!
***
13.
Ventitré aprile. Oggi ho letto i giornali per tutta la mattina. Strane cose succedono in Spagna. Non sono nemmeno riuscito a capirle bene. Scrivono che il trono è vacante e che, in conseguenza di ciò, si producono attentati. Questo mi pare molto strano. Dicono che una certa Hillary deve ascendere al trono. Ma una donna non può ascendere al trono. Assolutamente non può. Sul trono ci deve essere un re. Non può essere che non ci sia un re. Uno stato non può stare senza re. Il re c’è, solamente che si trova in qualche posto in incognito. Può anche darsi che si trovi proprio lì, ma certe ragioni familiari o timori da parte della potenze confinanti, come dire la Francia o l’Italia, lo costringono a nascondersi; oppure c’è qualche altra ragione.
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14.
Ventiquattro aprile. Stamattina ero ormai deciso ad andare al ministero, ma non poteva uscirmi di testa la questione spagnola. Come può essere che una donna diventi regina? Non lo permetteranno, le cancellerie europee. E in primo luogo non lo permetterà l’Inghilterra, chiaro...
Confesso che questo problema mi ha occupato tutto e non sono riuscito ad applicarmi a null’altro. Rua mi ha fatto notare che ero molto distratto. E deve essere vero, perché, pare, ad un certo punto ho fatto cadere in terra un bicchiere pieno di menta, che si è subito rotto in una corona di schegge…
Dopo il pranzo mi sono ritirato sull’Esquilino, ed ho osservato a lungo il Colosseo assediato dai giapponesi e dagli americani: niente, non ho potuto trarne nulla di istruttivo. Perciò sono tornato a rimestare tra le righe dei giornali… qualcosa mi dice che sta maturando una soluzione al rebus spagnolo.
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15.
Venticinque aprile duemilaequattro. Oggi è una giornata di immenso trionfo! In Spagna c’è un re. È stato trovato. Questo re sono io. L’ho saputo mezz’ora fa. Confesso che, di colpo, è stato come se avessi avuto un’illuminazione. Non capisco come abbia potuto immaginarmi di essere un funzionario di seconda. Come mi sia passato per il capo un pensiero così stravagante. Meno male che nessuno ha pensato allora di mettermi in manicomio. Adesso tutto è chiaro dinanzi a me. Adesso vedo tutto come sul palmo della mano. Mentre prima, io non capisco, prima tutto mi stava davanti come in una nebbia. E tutto questo, credo, avviene perché gli uomini credono che il cervello umano si trovi nella testa, nient’affatto: lo porta il vento dalla parte del Mare Ionio.
Ho annunciato a Rua chi sono io. Quando ha sentito che dinanzi a lei stava il re di Spagna, ha battuto le mani e per poco non moriva dalla paura. Ho cercato di tranquillizzarla e di assicurarla circa i miei sentimenti, e che non me la sarei presa se certe volte mi ha stirato male le camicie. Lei si è spaventata, perché è convinta che tutti i re di Spagna assomigliano a Filippo II. Ma io le ho spiegato che fra me e Filippo II non c’è nessuna affinità, vengo da un altro ceppo, da un altro ramo… Il tempo che dice?
(Esce di campo, qualche secondo, vi rientra.) È imbronciato: perché? Sia come sia. Andrò tra la folla, in incognito. Al solito, con la videocamera: il miglior modo di passare inosservato non è di girare con una videocamera?
***
16.
Ottantasei marzobre. Oggi mi è arrivata una raccomandata con ricevuta di ritorno perché mi presentassi al ministero, dopo che sono diverse settimane che non vado in ufficio. Per scherzo allora mi sono recato al ministero. Il caposezione credeva che lo avrei salutato e che mi sarei messo a scusarmi, ma io l’ho guardato con indifferenza, senza troppa ira e senza troppa benevolenza, e mi sono seduto al mio posto come se niente fosse successo.
Guardavo il formicaio burocratico e pensavo: se sapeste chi è che sta seduto fra voi… Immagino il parapiglia!… Mi avevano messo davanti certe cartelle, perché le ordinassi. Ma io non le ho nemmeno toccate con un dito. Dopo qualche minuto tutto s’è messo in agitazione. Voci dicevano che arrivava il direttore. Piedi e teste si sono messi a correre a gara per farsi notare. Ma io non mi sono mosso. Quando lui ha attraversato la nostra sezione, tutti si sono piegati, io niente! Che cos’è un direttore? Perché devo abbassare la testa davanti a lui? E poi che direttore è? È un tappo, non un direttore. Un comune tappo, un semplice tappo, di quelli con cui si tappano le bottiglie.
Più di tutto mi sono divertito quando mi hanno rifilato una carta affinché la firmassi. Loro credevano che proprio in fondo al foglio avrei firmato: Orlando Orlandi, funzionario di seconda. Cos’altro avrei potuto scrivere? E io invece, nel punto più importante, dove firma il direttore, ho vergato: ‘Sisto Sesto’. Bisognava vedere che reverente silenzio s’è diffuso intorno, ma io ho fatto soltanto un cenno con la mano, dicendo: ‘Non è necessaria alcuna manifestazione di timore reverenziale!’ e sono uscito.
***
17.
Il giorno dopo. Stamattina ho attraversato il ministero senza rivolgere la parola a nessuno. Ho notato con la coda dell’occhio e annotato con la coda dell’orecchio lievi allontanamenti e delicati bisbigli. Sono entrato risolutamente nell’alloggio del direttore. Mi sono inoltrato direttamente nella toilette. Lei era seduta davanti allo specchio, è balzata in piedi ed ha indietreggiato. Perché ha indietreggiato?
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18.
Altra data…
Oh, che perfido essere è la donna! Solamente adesso ho capito che cos’è la donna. Finora nessuno sapeva di chi essa è innamorata; io per primo l’ho scoperto. La donna è innamorata sempre di qualcun’altro. Sì, senza scherzi. Gli scienziati scrivono stupidaggini: la donna ama, la donna non ama: basta: la donna ama sempre un altro. Punto.
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19.
Nessuna data. Un giorno senza data.
Sono andato a passeggio in incognito in via dei Fori Imperiali. Non l’ho dato a vedere in alcun modo di essere il re di Spagna. Mi ha fermato solamente il fatto che ancora non ho il costume regale. Dovrei procurami almeno un manto.
***
20.
Il manto è pronto. Rua s’è messa a strillare quando l’ho indossato. Tuttavia non mi decido ancora a presentarmi a corte. Finora non è arrivata alcuna deputazione dalla Spagna. Senza deputati non sta bene. La mia dignità non avrebbe alcun peso. Li aspetto di ora in ora.
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21.
Mi stupisce moltissimo il ritardo dei deputati. Quali ragioni possono averli trattenuti?
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22.
Sono a Madrid, è un pomeriggio che dovrebbe essere gioioso ma è strano.
Tutto è successo così rapidamente che ho fatto appena in tempo a fiatare. Questa mattina si sono presentati da me i deputati spagnoli, ho preparato cassette, cavalletto e videocamera sotto i loro occhi attenti e sono stato accompagnato ad uno strano treno oblungo. Strana anche la velocità: andavamo così lesti che in otto respiri abbiamo raggiunto la frontiera… Strano paese, la Spagna: quando siamo entrati nella prima stanza ho visto una quantità di persone tutte vestite di bianco. Però ho intuito subito che erano domenicani, perché loro si vestono di bianco. Strano anche il modo di fare del Cancelliere di Stato, che mi ha preso per mano, mi ha condotto in una seconda stanza e mi ha detto: ‘Siediti qui, e stai tranquillo’… Rimasto solo, ho deciso di occuparmi degli affari di Stato. Ho scoperto che la Cina e la Spagna sono la stessa identica terra. Consiglio a tutti di provare a scrivere su un pezzo di carta ‘Spagna’: verrà fuori ‘Cina’. Mi ha tuttavia straordinariamente amareggiato un avvenimento che deve aver luogo domani. Domani alle sette la terra si poserà sulla luna. Confesso che mi sono sentito stringere il cuore considerando la morbidezza e la fragilità della luna. La luna infatti di solito viene fatta ad Amburgo, e vien fatta malissimo: adoperano petrolio irakeno. Conseguenza: su tutta la terra c’è un tanfo così forte che bisogna tapparsi il naso. Ecco perché noi non possiamo vedere i nostri nasi: si trovano tutti sulla luna... Mi ha preso un’inquietudine tale che sono corso nella sala del consiglio di stato per dare ordine ai padri domenicani di non autorizzare la terra a posarsi sulla luna, ma in quel momento è entrato il Grande Cancelliere. Vedendolo, tutti sono scappati via. Io, in quanto re, sono rimasto solo.
***
23.
Palazzo Reale. Qualche giorno dopo.
Non riesco ancora a capire che razza di paese sia la Spagna. Le usanze e l’etichetta di corte sono assolutamente insolite. Non capisco, proprio non capisco. Mi hanno vestito di bianco sebbene gridassi con tutte le forze che non desideravo farmi domenicano. Ma non sono più capace di ricordare che cosa ne è stato di me quando hanno cominciato a versarmi nelle vene acqua frizzante. Ero lì lì per uscire di me, quando mi hanno assicurato che, se non lo facevo, mi avrebbero lasciato l’amica videocamera. Potrebbe essere una cosa che viene dagli Stati Uniti. Hanno giurato di danneggiarmi mortalmente, ed ecco che mi perseguitano per terra e per aria, ma io lo so, è l’Inghilterra che li guida. È ormai universalmente noto che quando l’Inghilterra fiuta il tabacco, gli Stati Uniti starnutano.
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24.
Giorno e notte.
Il Grande Inquisitore è venuto nella mia stanza, però io, avendo sentito da lontano i suoi passi felpati, mi sono nascosto sotto la sedia con la videocamera. Vedendo che non c’ero, lui ha cominciato a chiamarmi. Prima ha sussurrato: “Orlando?” Io, neanche una parola. Silenzio. Poi ha gridato: “Sisto Sesto, re di Spagna!” …
Avrei voluto cacciar fuori la testa, ma poi ho pensato: “No, bello, non me la fai, ti conosco mascherina: mi vuoi versare di nuovo dell’acqua frizzante nelle vene.” Com’è come non è, lui mi ha intravisto e m’ha domandato di uscire da sotto la sedia assicurandomi che potevo continuare a registrare in solitudine il mio diario. “Bene – ho annotato mentalmente - la Grande Inquisizione si arresta davanti alla privacy di un Re” e sono scivolato sul pavimento come una lumaca. Siamo rimasti un po’ a guardarci, lui dall’alto, io ancora più in alto, fino a che il Grande Inquisitore m’ha promesso di smetterla con l’acqua frizzante: dice che d’ora in avanti userà con me solo le parole, nient’altro che le parole…
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25.
No, non ho più la forza di sopportare le parole. Che cosa gli ho fatto? Mi infilano nelle orecchie una per una le loro parole, la testa mi risuona e tutto gira intorno. Salvatemi! Portatemi via! Datemi un bimotore veloce come il vento! Ai comandi, diavolo danzante - rombate, motori - trascinatemi via da questo mondo! Lontano, più lontano, che non si veda nulla, più nulla. Ecco che il cielo turbina davanti a me; lontano brilla una stellina; sotto di me corre la foresta con gli alberi scuri e la luna gonfia; una nebbia bluastra si stende sotto i miei piedi; da una parte c’è il mare, dall’altra l’Italia; ecco che si vedono ora i Monti Cimini…
È la mia casa quella che azzurreggia sul crinale? È mia madre quella che s’affaccia alla finestra lunga e stretta? Mamma, salva tuo figlio! Versa le tue lacrime sui suoi piedi che hanno tanto camminato! Guarda come lo torturano! Non c’è posto per lui al mondo! Lo perseguitano! Mamma! Abbi pietà del tuo bambino malato!…
Ma lo sapete che la Regina d’Inghilterra ha un bernoccolo proprio sotto il naso?
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