Indice |
Catalogo degli intellettuali.
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Alessandro Magno
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Althusser, Louis
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Altman. Robert
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Amato, Giuliano
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Amelio, Gianni
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Anderson, Paul
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Andraka, Jack
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Andreoli, Vittorino
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Andreotti, Giulio
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Anglani, Bartolo
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Antonello da Messina
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Antonioni, Michelangelo
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Archimede di Siracusa
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Ariosto, Ludovico
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Artusi, Pellegrino
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Attali, Jacques
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Augias, Corrado
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Bacon, Francis
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Bagnasco. Angelo
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Barillari, Simone
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Basho, Matsuo
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Bauman, Zygmunt
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Benussi, Vittorio
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Bernini, Gian Lorenzo
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Bertinotti, Fausto
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Bloom, Harold
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Bocca, Giorgio
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Borromini, Francesco
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Bresson, Robert
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Breznsny, Rob
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Brook, Peter
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Bruto, Marco Giunio
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Buonarroti, Michelangelo
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Buti, Lucrezia
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Calimani, Riccardo
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Callicrate
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Canfora, Luciano
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Capa, Robert
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Capossela, Vinicio
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Carandini, Andrea
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Carpenter, Rhys
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Casamassima, Pino
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Castro, Fidel
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Cavallaro, Pasquale
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Cesare, Gaio Giulio
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Cézanne, Paul
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Cheney, Dick
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Cleopatra VII
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Clistene di Atene
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Cloney, George
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Cortázar, Julio
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Dante, Emma
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Dapporto, Carlo
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Dawkins, Richard
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De Benedetti, Paolo
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De Francesco, Roberto
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De Saint-Simon, Henri
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Di Casa, Andrea
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Di Giammarco, Rodolfo
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Di Pietro, Antonio
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Dotti, Ugo
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Dreyer, Carl Theodor
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Eco, Umberto
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Einstein, Albert
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Emo, Andrea
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Erodoto di Alicarnasso
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Fanfani, Amintore
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Faraday, Michael
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Fellini, Federico
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Fidia di Atene
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Finelli, Roberto
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Fofi, Goffredo
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Freud, Sigmund
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Frova, Andrea
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Gaio Svetonio Tranquillo
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Galilei, Galileo
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Galimberti, Umberto
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Garrone, Matteo
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Garzia, Aldo
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Gauguin, Paul
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Germani, Gino
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Gerratana, Valentino
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Geymonat, Ludovico
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Ginsborg, Paul
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Goethe, Wolfgang
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Gramellini, Massimo
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Gratteri, Nicola
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Gumucio, Esteban
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Habermas, Jürgen
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Hawks, Howard
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Hillman, James
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Hitchcock, Alfred
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Hobbes, Thomas
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Hobsbawm, Eric
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Ictino
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Ingrao, Pietro
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Intravaia, Salvo
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Junger, Ernst
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Kabakov, Emilia e Ilya
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Kafka, Franz
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Kavafis, Constantinos
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Keaton, Buster
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Kepler, Johannes
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Kerényi, Károly
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La Russa, Giuseppe
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Laszlo, Pierre
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Latella, Antonio
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Lentini, Orlando
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Leonardo da Vinci
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Lévi-Strauss, Claude
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Liebling, A. J.
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Lippi, Filippo
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Longino, Gaio Cassio
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Luporini, Cesare
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Luxemburg, Rosa
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Machiavelli, Niccolò
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Macrì, 'Ntoni
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Madre Teresa di Calcutta
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Maggiani, Maurizio
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Magris, Claudio
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Mancuso, Vito
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Manet, Eduard
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Marx, Karl
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Masaccio
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Matteo evangelista
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Mauro, Ezio
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Milziade di Atene
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Miró, Juan
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Monda, Antonio
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Montini, Giovanni Battista
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Moro, Aldo
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Mozart, Amadeus
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Napolitano, Giorgio
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Negri, Toni
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Nerone da Anzio
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Newton, Isaac
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Nietzsche, Friedrich
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Nottin, Bruno
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Odifreddi, Piergiorgio
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Ovadia, Moni
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Pacelli, Pietro
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Paggi, Leonardo
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Pansa, Giampaolo
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Parra, Violeta
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Pasolini, Pier Paolo
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Pedullà, Gabriele
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Pelino, Ezio
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Pera, Pia
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Perazzi, Antonio
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Petrarca, Francesco
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Pesce, Mauro
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Piano, Renzo
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Piero della Francesca
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Pintus, Pietro
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Platone di Atene
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Politkovskaja, Anna
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Pollini, Maurizio
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Prassitele
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Prodi, Romano
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Quino da Mendoza
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Raffaele Abbattista
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Randall, David
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Ratzinger, Joseph
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Ravasi, Gianfranco
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Razeto, Luis
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Redazione del TG1
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Rembrandt van Rijn
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Ries, Julien
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Riina, Salvatore
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Riotta, Gianni
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Rizzo, Sergio
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Roth, Joseph
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Rothko, Mark
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Ryan, Tony
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Romano, Franca
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Rossi Stuart, Kim
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Sartori, Giovanni
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Saviano, Roberto
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Scalfari, Eugenio
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Sciascia, Leonardo
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Senofane di Colofone
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Severgnini, Beppe
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Severino, Emanuele
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Shuichi, Kato
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Simenon, Georges
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Sklodowska, Maria
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Sofocle di Atene
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Spartaco
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Stalin di Gori
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Stella, Gian Antonio
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Storoni Mazzolani, Lidia
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Teagene di Reggio
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Togliatti, Palmiro
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Tommaseo, Niccolò
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Tse-tung, Mao
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Turing, Alan
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Vacca, Giuseppe
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Van Gogh, Vincent
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Vegetti Finzi, Silvia
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Vermeer, Jan
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Veltroni, Walter
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Virgilio
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Vivanti, Corrado
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Wallerstein, Immanuel
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Weber, Max
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Weill, Simone
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Wilson, Robert
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Zangheri, Renato
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Zanuttini, Paola
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Tutte le pagine
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Ma perché il cinema di poesia (come lo chiamava Pasolini), il cinema che dice (come Coriolano in Shakespeare) “Parlo io” è così importante? Il cinema di prosa sta al cinema soggettivo come Erodoto sta a Sofocle. Lo storico di Alicarnasso, narrando la fine di Creso e dicendo che la vita di un uomo non è giudicabile prima che sia conclusa mostra che l’esistenza umana ha un senso che non può essere vissuto dal soggetto. Il tragico di Atene, drammatizzando la scoperta della verità da parte di Edipo, dimostra che il senso dell’esistenza umana può venire colto dal soggetto nell’autocoscienza.
(17 ottobre 2006)
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Ho capito bene cosa è, cosa deve essere, un autentico autore leggendo e rileggendo – era il 1984 - l’Edipo re di Sofocle. Ricordo agli smemorati la situazione iniziale del dramma. La città di Tebe è in preda alla peste. I cittadini si raccolgono davanti al Palazzo e chiedono aiuto al loro re, Edipo, che ascolta e risponde: “So quanto soffrite tutti, eppure, per quanto soffriate, non c’è nessuno che soffra al pari di me. Ognuno di voi è colpito soltanto nel proprio, esclusivo dolore; ma il mio cuore geme per la città, per me, per te.” Il mio cuore di re geme per la città intera – dice Edipo. Il mio cuore di autore geme per l’opera intera – dice Sofocle. (Notate bene: io non penso e non dico che soltanto Sofocle in quanto autore del testo possa definirsi autore di Edipo re, bensì questo: ogni volta che Edipo re è messo in scena può definirsi suo autore, diciamo pure coautore con Sofocle, ogni collaboratore che si disponga di fronte all’opera nello stesso stato d’animo di Edipo di fronte alla città, occupandosi del suo compito particolare, esclusivo, specifico, settoriale, professionale e-nello-stesso-tempo facendosi occupare dalla individualità irriducibile dell’opera intera.)
(18 settembre 2007)
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Una giovane docente universitaria mi racconta di aver domandato ai propri studenti se conoscessero Sofocle, e di essersi sentita rispondere in coro: “Sì, certo, è l’inventore del complesso di Edipo.” Sorridiamo, lei di testa - deliziosamente scandalizzata - io di cuore. Ieri. Oggi, a mente fredda, sono arrabbiato. Non con quegli studenti, e neppure con i loro professori di liceo. Sono arrabbiato con Freud. E’ lui che ha definito questo famoso complesso, questa “struttura primaria, fondamentale, universale della organizzazione psichica e delle relazioni interpersonali” (Umberto Galimberti, Dizionario di psicologia), che spinge l’essere umano a desiderare la morte del genitore dello stesso sesso e la carne del genitore di sesso opposto. E siccome questo ‘complesso’ Freud ha creduto di riconoscerlo come tema centrale dell’Edipo Tiranno di Sofocle, l’ha denominato appunto ‘complesso di Edipo’. Ma cosí facendo (ecco la ragione fredda dell’arrabbiatura) Freud ha confuso gli esseri umani in generale, e gli intellettuali di professione in particolare. Perché cosí facendo ha velato l’autentico tema centrale dell’opera di Sofocle, il senso iscritto nelle sue strutture e che rende pienamente intelligibile il suo ordinamento drammatico e interamente decifrabile il suo testo. Questo tema non é la tragedia del parricidio e dell’incesto, bensí la tragedia della contraddizione tra amore della conoscenza e amore del potere. Edipo - vuol dire e dice Sofocle - e in generale gli esseri umani, e in special modo gli intellettuali di professione, vivono la contraddizione tragica tra il voler conquistare (e mantenere) il potere e il voler conquistare (e rinnovare) la conoscenza. Ma questi due voleri, questi due desideri, questi due amori sono radicalmente incompatibili e reciprocamente escludenti: la realizzazione dell’uno comporta la perdita dell’altro. Il tremendo responso oracolare che impronta tutta la vita di Edipo, minaccia la sua nascita, appende a un filo la sua infanzia, sconvolge la sua giovinezza, distrugge la sua maturitá: “ amerai tua madre e ucciderai tuo padre” significa ‘amerai la conoscenza (la terra, la veritá - “tua madre”) e conquisterai il potere (strappandolo a “tuo padre”)’. Infatti. Edipo tiranno di Tebe (“tiranno”, dunque intellettuale di professione = che conquista il potere attraverso la conoscenza) per mantenere il potere vuole conoscere la veritá. Vuole potere e vuole conoscere. “A tutti i costi” – proclama. Ma ogni volta che la veritá fa capolino Edipo si vela gli occhi e grida al complotto. Dileggia Tiresia (“io credo che quel delitto lo hai ideato e perpetrato tu”), accusa Creonte (“pensavi che non mi sarei accorto di questo tuo complotto strisciante?”) – che gli svelano spietatamente lo stato delle cose, e d’altro canto inveisce contro Giocasta (“mi hai seccato da un pezzo con i tuoi buoni consigli”) che lo stato delle cose gli vuole amorevolmente velare. La conoscenza distrugge il potere. Il potere teme la conoscenza. Non si puó amare il potere ed esercitarlo e amare la conoscenza e inseguirla. E’ questa la questione filosofica e politica che Sofocle pone – specialmente agli intellettuali di professione. I loro singolari rapporti con papá e mammá restano, nonostante Freud, una “questione privata”.
(Alias, 1 marzo 2008)
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Deciso una volta per tutte – con la mia complice – di mettere in scena Edipo Tiranno di Sofocle nel tempo della prossima primavera, dopo aver pubblicato il pensiero principale che mi ha spinto a questo passo “per una via non ancora pesta” (Machiavelli) sono continuamente e piacevolmente assalito da pensieri secondari. Non so tu e tu, lettrice e lettore, ma io non sottovaluto i pensieri secondari, quell’insieme variopinto che può (se organato) trasformare una triste scala gerarchica in un allegro sistema solare. Perciò oggi vorrei parlare brevemente di quel pianeta del sistema solare della messa in scena progettata che chiamerò ‘il pianeta degli spettatori-cittadini’. Sofocle scriveva per spettatori-cittadini. Il suo teatro era un teatro formativo, non informativo, divertente, non diversivo. Gli spettatori-cittadini del tempo di Sofocle non andavano a teatro per sapere cosa avesse mai combinato Edipo, ma per ri-considerare criticamente la questione, ri-pensare icasticamente la tragedia, ri-costruire il come e ri-flettere il perché – e così facendo si divertivano in quanto spettatori e si concentravano in quanto cittadini. Le informazioni preliminari, gli spettatori-cittadini di Edipo Tiranno (ed in genere delle tragedie del teatro greco classico) le possedevano da prima, o le ricevevano (le rispolveravano e le ricordavano) nell’Antefatto. Ma, quale effetto precisamente produce in uno spettatore-cittadino il “ricevere le informazioni in anticipo”? “Li rende come delle divinità in grado di vedere sopra ogni cosa.” Questo pensa e dice Hitchcock grande discepolo di Sofocle, come puoi verificare, lettore, lettrice, leggendo Io confesso. Conversazioni sul cinema allo stato puro (a cura di S. Gottlieb), Minimum Fax 2008. Infatti. Questo vale per Il delitto perfetto (1954 d.C.) di Hitchcock e, prima di tutto, prima di tutti, per Edipo Tiranno (430 a.C.) di Sofocle. In quest’opera lo spettatore e il cittadino, platonicamente riuniti e tiresiamente attorcigliati, si sollevano e si abbassano, come l’uccello e come il serpente, come proprio della condizione divina del “vedere tutto dall’alto, da lontano, e tutto dal basso, da vicino” (Pasolini) Ecco una (prima) buona ragione secondaria per mettere in scena qui e ora Edipo Tiranno: fare in modo che gli spettatori-cittadini godano sulla faccia della terra “di quella conoscenza trasparente e immediata di cui sono capaci, per solito, gli dèi” (Mario Vegetti). Assistendo e partecipando ad un dramma, certo, il quale però non è un lamentoso melodramma (come spesso e volentieri viene rappresentato e percepito) ma un tremendo groviglio su cui spira un soffio di superiore serenità, grazie alla condizione strutturale in cui sono messi gli spettatori-cittadini - e grazie all’”eroismo vittorioso” di Edipo. “Vittorioso”? Sì. Ma di questo un’altra volta.
(25 giugno 2008)
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